Sloveno e natisoniano

Riceviamo e pubblichiamo
Posso parlare anch'io?

Penso che di tutto abbiamo bisogno tranne che di ulteriore confusione sui temi del nostro dialetto, sul rapporto tra dialetto e lingua standard e naturalmente sulla legge di tutela, i suoi principi e la sua applicazione. E sotto questo profilo sono contenta dell'intervento, schietto e con il cuore in mano, di Nino Specogna che chiarisce la sua posizione peraltro niente affatto isolata. Dunque un'occasione per aprire una discussione, ma anche esprimere il dissenso.

D'altra parte con la legge 38/2001 "Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia" esiste finalmente un quadro giuridico di riferimento certo ed è quindi inevitabile che si sgomberi il campo da ogni ambiguità o eventuale cortina fumogena. La legge di tutela c'è e va applicata. Naturalmente con saggezza, equilibrio e la gradualità che essa stessa prevede. E la prima a doverlo fare è la pubblica amministrazione, sono i comuni, la scuola...

Dico subito che rispetto la posizione di Nino Specogna e capisco anche il suo travaglio. Sulla questione slovena ognuno di noi ha dovuto superare i suoi traumi più o meno profondi. Ognuno ha la sua storia personale di condizionamenti, di pressioni psicologiche palesi e occulte, di umiliazioni subite. La scoperta della propria identità slovena nella Slavia ed in tutta la fascia confinaria fin su a Tarvisio non è stata per nessuno indolore e nemmeno automatica. Come minimo è costata incomprensioni, più di qualche amicizia, spesso anche astio. Ed è comunque stata sempre il risultato di studio, confronto, riflessione e, alla fine di questo processo, anche di una scelta. Che, io credo, non si può evitare o fare a intermittenza, o rimanere a metà strada, o una volta di qua e una volta di là. Oggi poi, caduto il muro di Berlino, con la Slovenia che è già con un piede nell'UE, con una legge che tutela la cultura e la lingua slovena e assicura la libertà di scelta del singolo cittadino (e quindi anche di chi è contrario), questa scelta dovrebbe essere più facile e sicuramente più libera.

Con altrettanta chiarezza devo però anche dire che non condivido affatto la posizione del prof. Specogna. Non solo. Trovo che sia in netto contrasto, anzi una vera e propria sconfessione del progetto culturale del settimanale Novi Matajur e delle associazioni slovene presenti su Lintver, ma anche di istituzioni come il Centro scolastico bilingue di S. Pietro che da sempre operano per valorizzare e difendere il dialetto sloveno ed il nostro patrimonio culturale, ma allo stesso tempo si sforzano anche di rinsaldare il filo della tradizione, di riannodare la comunicazione con la lingua e l'ambito culturale sloveno che le vicende storiche hanno interrotto. Disegnando quindi anche una prospettiva futura, nella convinzione che il patrimonio linguistico sloveno, oltre che essere salvato dall'oblio, può essere arricchito e aggiornato. Non solo archeologia linguistica e folclore, ma anche progetto per il futuro dunque.

Rispetto le posizioni del prof. Specogna, riconosco il diritto di ognuno di esprimere la propria opinione, ma è evidente che la linea editoriale del Lintver proposta dall'intervento in questione, almeno dal Novi Matajur, non può essere condivisa. E vengono a cadere anche i presupposti della nostra collaborazione.

Tre sono le affermazioni sulle quali dissento completamente. La prima: "...sloveno e sloveno delle valli del Natisone sono due lingue diverse". La seconda: "sloveno e natisoniano non comunicano". La terza "non si può tutelare nelle valli quello che nelle valli non c'è". Partiamo dalla fine.

Chiunque guardi con occhio sereno alla nostra realtà non può non prendere atto che la situazione riguardo alla competenza linguistica in sloveno nelle valli del Natisone esaurisce tutta la gamma delle possibilità. Si va da zero, alla conoscenza piena della lingua standard scritta e parlata, passando per vari gradi di conoscenza ed uso scritto e orale del dialetto sloveno. In questi anni, lo testimonia il numero dei lettori anche occasionali del quotidiano Primorski dnevnik, il numero delle persone che conoscono lo sloveno standard è notevolmente aumentato, e questo più fra i giovani che fra gli anziani. Già questo fatto stesso, la volontà di molti di impadronirsi con non poco sforzo personale anche della lingua colta slovena, l'adesione alla proposta di educazione bilingue stanno a dimostrare che qualcosa da tutelare nelle Valli c'è ed è molto.

Che la comunicazione tra dialetto sloveno e lingua slovena, tra valli del Natisone e valle dell'Isonzo esista non solo è documentato storicamente, ma è vero anche oggi. Basti pensare agli scambi relativamente intensi tra gli amministratori delle due aree che per capirsi non hanno bisogno di interpreti, oppure alle numerose serate del Beneško gledališče a Luico o Bergogna. Ma potremmo fare mille esempi.

Personalmente ho due capisaldi. Il primo è il catechismo sloveno che mi ha insegnato don Mario Laurencig a S. Volfango e ha continuato a farlo fino alla metà degli anni 60. E quella era lingua! Perchè l'Oče naš di Caporetto e Tolmino è lo stesso, tranne qualche piccolissima coloritura dialettale, che si recita a S. Volfango o Montemaggiore. Il problema semmai è che nelle nostre chiese si sente ormai quasi soltanto il "Padre nostro". Il secondo è la metafora di Izidor Predan, per tanti anni direttore del Novi Matajur che diceva: "Dialekt je ščurak uode na koritu. Če usahne studenac, zmanjka uoda an na korite". Vale a dire che la lingua è un organismo vivente che va alimentato. E a questo proposito dovrebbero far riflettere anche i casi - non sono pochi e si possono documentare - di deassimilazione, di chi ha recuperato il dialetto tramite e dopo aver imparato la lingua slovena.

E allora la questione non è sloveno o nonsloveno per il nostro dialetto. Dal punto di vista scientifico, linguistico la cosa, è stata certificata. Dal punto di vista giuridico con la legge di tutela pure. Il problema vero è semmai come suscitare interesse e amore per la lingua, la cultura, la tradizione slovena locale. Misuriamoci piuttosto tutti su questo terreno, ma concretamente, nei fatti. Da fare non manca e c'è davvero posto per tutti. Per chi desidera mantenere e valorizzare il dialetto sloveno punto e basta, come per chi inserisce questo impegno in una cornice più ampia, considerando la riappropriazione del dialetto come presupposto indispensabile per un'ulteriore crescita culturale. I due approcci possono benissimo ed utilmente convivere. E' necessario però che: 1. dalle semplici dichiarazioni si passi ai fatti (e a questo proposito, evidentemente, non mi riferisco al prof. Specogna il cui pluriennale impegno culturale è noto ed apprezzato); 2. che non si sposino strane teorie pseudoscientifiche secondo cui nelle valli del Natisone si parlerebbe una lingua originale e diversa; 3 che non si alimenti astio nei confronti della lingua slovena considerata, a torto, una minaccia per il dialetto.

Io personalmente continuerò a condividere con il prof. Specogna l'amore per il nostro canto popolare e, quando sarà possibile, anche a cantare insieme. Per quanto riguarda il giornale ed il sito internet invece il discorso cambia.
Iole Namor
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