ALCUNI RIMEDI

L'autore propone alcuni rimedi al problema della lingua,, dei comuni, delle strade, della costodia dei confini, del governo.

Torno alla lingua

Il R. Provveditore agli studi, Cavalier Massone, nella sua bella e dettagliata Relazione L'istruzione popolare nella provincia di Udine nell'anno scolastico 1882-83 - se la sbriga, intorno all'argomento che ci preoccupa, con poche parole:

" Solo fra 36646 abitanti dei 15 comuni sparsi fra i monti delle Giulie è ancora dominante la lingua slava, che, come ognun sa, nulla ha che fare colla lingua ita" liana, ma che, e per effetto delle scuole e del movimento commerciale, accenna a scomparire lentamente, benchè in alcuni siti si mantenga ancora con tenacità, e sia riguardata quasi come un patrimonio privato."

Questo giudizio, recentissimo ed ufficiale, riassume tanti altri che avrei potuto allegare, e conclude pella possibilità della scomparsa, benchè lenta, della lingua slava dall'Italia e, fra le linee, pella necessità di quella scomparsa.

Ma nè la possibilità nè quella necessità si verificano.

Non la possibilità, e per le ragioni discorse nel capitolo speciale sulla lingua e per trovare il dialetto slavo della regione (a differenza di quello della provincia di Mouse) perenne alimento alla sua vita subito al di là del confine, onde più logicamente, se possibile, bisognerebbe far scomparire pel vagheggiato scopo la grande Slavia.

Non la necessità, perchè la lingua slava nella regione non è pericolosa all'italianità di quest'ultima.

Infatti non lo fu in passato, e basta a dimostrarlo la fedeltà slava, sempre costante, in onta alla rispettata separazione di razza, di lingua e di territorio.

Non lo sarà in avvenire, perchè il riconoscimento illimitato e conseguente libero uso di questa lingua riuscirà il miglior rimedio contro ogni velleità panslavista: similia similibus curantur.

Ma se, ad onta di ciò, questa velleità venisse a fare capolino dal di fuori, noi ammoniremo i nostri Slavi: che il nome slavo non suonò sempre gloria o vittoria; che negli inizi infatti i loro antenati furono soggetti agli Avari nella Pannonia; che quando vollero occupare da invasori la pianura friulana, furono più fiate sconfitti dai Longobardi e riconfinati nelle montagne; che in queste, versanti della penisola, furono ospiti; che dopo e per oltre mille anni la loro storia s'identifica con quella d'Italia; che da questa sola ebbero quel po' po' di civiltà e l'indipendenza; e che, non dubito, avranno trattamento sempre migliore da un governo, il quale si lascia additare anche crudamente i mali, suggerire i rimedi, e provvede.

Quindi, coesistenza delle due lingue, in modo però che l'italiana sia sempre 1' ufficiale e la slava resti patrimonio privato della regione.

Precisamente così avveniva sotto la Repubblica veneta, onde abbiamo veduto che tutti gli atti amministrativi e giudiziari erano scritti in italiano, mentre nei rapporti privati seguitava a correre la lingua slava.

Ma noi desidereremo ancora di più e cioè che adoperandosi nelle scuole lo slavo per insegnare 1' italiano, si purghi il primo dagli introdotti neologismi ed in una parola lo si riduca a perfetta forma grammaticale.

Così i nostri Slavi potranno con tutta facilità parlare e Io quindi mi limiterò a far voti che l'Istituto magistrale di S. Pietro risponda allo scopo di sua fondazione e dia buone maestre, soltanto o principalissimamente per la Slavia italiana.

Finalmente, come coronamento dell'istruzione della Schiavonia, si fondi a Cividale, centro della, materia prima, almeno una cattedra di lingua e di discipline slave.

La Francia ne istituiva una a Parigi.

Presso di noi, il Ciampoli, in un Fanfulla della.Domenica del 1883, segnalava: " che il movimento letterario russo degli ultimi anni è stato più fecondo, più serio, più ardito del francese stesso."

Il compianto poeta Prati scriveva: "almeno per gratitudine si dovrebbe in Italia coltivare la lingua illirica, dappoichè non v'ha slavo che non impari la lingua nostra."

Il deputato Vegezzi Ruscalla sino dal 1868 proponeva al Parlamento 1'istituzione di cattedre slave, ed in vari scritti dimostrava 1'utilità immensa che da simili studi deriverebbe.

Propugnando nel Giornale di Udine delli 31 luglio e 13 settembre 1883, la progettata istituzione, io mi domandava:

Quale può esser la futura posizione della nostra penisola di fronte alla grande Slavia? O quella di amica o quella di nemica.

Nel primo caso, bisogna pensar a conservare 1'amicizia, quale è più probabile, perchè, ad esempio, " il genio della nazione russa è assai più portato della tedesca ad armonizzare con tutte le nazioni. (Storia della Letteratura russa per Stefano Sceviref e Giuseppe Rubini. Felice Le Monnier 1862, pag. 171.) Ora il modo migliore per il vagheggiato scopo si è quello di trattar bene, e secondo lo domanda la loro razza, gli Slavi che abbiamo in casa. Il gran principe russo Vladimiro Monomaco nel suo testamento politico ammoniva così i figli: "dalla maniera colla quale gli stranieri od ospiti vengono trattati in un paese, dipende il bene o il male che ne diranno dopo coi loro compatriotti."

E poi non è forse lontano il tempo in cui fra 1'Adriatico ed il Mar Nero si costituirà un regno slavo, e fra questo e l' Italia (lo dirò colle parole non sospette del senatore Antonini a pag. 520 del suo Friuli orientale) " gli Slavi dell'Istria e del Friuli sono forse predestinati a servire di anello, il quale congiunga la coltura italica e la slava e rannodi la civiltà delle genti neo-latine a quella dei popoli danubiani."

A predisporre quindi la desiderata amicizia, sarà opportuno pel nostro giovine Regno di coltivare nel suo seno, e dove ha pronta la materia prima, un semenzaio di lingua e di studi slavi da cui si possano, se non altro, togliere pei cresciuti bisogni i rappresentanti degli interessi nazionali presso tanti popoli a base slava.

Nel secondo supposto d'inimicizia, questo semenzaio sarà ancora più prezioso, perchè dalla nostra Schiavonia riuscirà più facile studiare la consimile natura della grande Slavia, ed i nostri montanari, che vedemmo ab antiquo girovagarla tutta, ben diretti, potranno spiarne i moti a sicurezza della patria. In pace ed in guerra adunque lo stesso elemento slavo del nostro suolo potrebbe servire siccome il mezzo migliore dell'augurata espansione italiana.

In onta a tutti questi argomenti non v'ha ancora in Italia, che io mi sappia, una cattedra di lingua e di discipline slave.

Però a bene sperare m'è cagione il fatto, che gli stessi rappresentanti in luogo del patrio Governo, si accorsero di questo bisogno, ed il R. Ispettore scolastico del circondario, professor Roncaglia, il quale con intelletto d' amore studiò il paese, mi faceva 1'onore di scrivere in data 16 agosto 1883, convenire pienamente nell' idea della fondazione di un Istituto specialista a Cividale per l'insegnamento della lingua e letteratura slava; potersi frattanto istituirne un' apposita cattedra nel Collegio Convitto cividalese (da dichiararsi nazionale e da completarsi per gli studi tecnici) e doversi in ogni modo preporre agli altri insegnamenti (da me pure suggeriti) di discipline alemanne e di storia friulana quello, dello slavo.

Giustizia

Non pare ancora scritto per l'Italia l'instauratio facienda ab imis fundamentis; chi sa per quanto tempo ancora la rivoluzione francese, che sola riuscì a sopprimere le discorse istituzioni in queste contrade, lascierà sentire i suoi effetti livellatori; e quindi è inutile invocare la sapienza antica delle Banche, della giuria paesana per ogni materia, degli appelli reciproci e delle esecuzioni economiche. Accontentiamoci dunque del promesso nuovo Ordinamento giudiziario, ma venga davvero e presto! Allora ogni comune slavo avrà la sua giustizia locale, abbastanza allargata, e per tutti gli affari più grossi e senza limiti, il giudice unico di Cividale. Pelle esecuzioni poi si copi anche stavolta la Francia, il cui Parlamento, onde aiutare la piccola proprietà di campagna ed impedire che questa, appena 80 anni dopo la sua comparsa, morisse d' anemia, votò recentemente una legge che disaggrava dai diritti di bollo, di registro, di cancelleria e d'ipoteca la vendita giudiziaria d' ogni immobile di valor inferiore alle L. 2000, e riduce inoltre di un quarto le competenze tribunalesche per la vendita di beni stimati meno di L. 1000.

Comuni

Date le odierne leggi amministrative ed i conseguenti sempre maggiori incarichi e spese, si abbia il coraggio di ridurre il numero dei Comuni, ma si studi contemporaneamente, anche all'infuori della legge comunale, di fare qualcosa per 1'ente frazione, tuttora così vitale.

Strade

Convergano tutte alla patria italiana, principale mezzo codesto per italianizzare sempre più la regione! Si completi la rete delle strade mancanti, si tolgano o si correggano certe impossibili rive (la cui spesa sarebbe stata mille volte pagata coll'importo dello sciupìo di tante bestie e carri transeunti) e si preparino gli studi almeno per un tramvia che dal Ponte di S. Quirino allacci il Distretto slavo colla ventura ferrata di Cividale. Pella realizzazione di questo piano, come dissi in molta parte politico, il signor Giovanni Duriavig, Segretario comunale di Stregna, suggerisce e mi scrive: "Se i nostri Comuni, rovinati economicamente per le spese obbligatorie loro addossate, non hanno mezzi con cui addivenire alla sistemazione delle loro strade, il R. Governo, invece che il quarto, accordi il terzo di sussidio, e questo, assieme alle prestazioni in natura, tradizionali nei nostri monti, basterà alla costruzione e sistemazione delle strade in tutti i Comuni."

Custodia dei confini

Si deve lasciare 1'antico onore di questa alle..., guardie doganali? Nò. La Schiavonia, con tutto il circondano di Cividale, seguiti a costituire 1'antica colonia militare romana, il vallo, 1'argine, il quale (secondo una stupenda corrispondenza udinese dell'autunno 1883 all'Italia di Milano) "se non basterà a frenare 1'onda del vorticoso torrente d'Oltralpe, toglierà però ad esso gran parte della forza, in modo che giungerà a noi quasi acqua" morta."

Quindi un battaglione, e più, se possibile, e tutto di figli slavi e friulani del circondano di Cividale, che colla sede del comando in quest'ultima città e colle compagnie disseminate a Cividale, S. Pietro, Faedis, Tarcento, ecc., abbia la missione e la gloriosa divisa di custodire i confini e di studiare il terreno al di là.

Governo

Historia magistra vitae così degli individui che dei popoli, e nel caso nostro abbiamo appreso da essa che la Schiavonia fu accostata all' Italia, per le vie di Cividale e di Venezia. Quindi, augurando, coll'illustre Senatore Manfrin, che 1' angolo dei Veneti, già salvatori di Roma contro i Galli, sia considerato anche oggi quale precipua difesa della penisola, pensiamo intanto a ricostituire fortemente il primo centro italiano della Schiavonia e della lunga linea dei confini, che è Cividale. A questo scopo, via il Commissariato, di nome austriaco, e di fatto, semplice ttfficio di posta, che quindi non può manco tra-vedere l'importanza della missione governativa quì, e surrogazione pronta con una Sottoprefettura di confine, quale fu durante tutto il regno italico dal 1806 al 1813.

Non è questo il luogo di designarne i molteplici uffici, che d'altronde si estrinsecheranno subito dallo scopo, ma suggerisco fin d'ora di non dimenticarne due.

Il primo, di nominare una Commissione, possibilmente composta dei Sindaci e di altri probiviri della Schiavonia, la quale avvisi, meglio e più esattamente che non 1' abbia fatto io, i mali e proponga i rimedi e possibili immegliamenti, onde il governo patrio col tramite della Sottoprefettura vi provveda. Il secondo, di nominare un' altra Commissione (è 1' e-poca delle commissioni, ed un paio di più non guasta), composta delle più colte persone del Distretto ed anche del di fuori, la quale provegga subito subito alla conservazione delle, memorie ed ai monumenti.

Se abbiamo lamentati ignominiosamente dispersi o distrutti i documenti della nostra Slavia, che il pubblico Arrengo teneva chiusi a tre chiavi in un apposito scrigno (Tomasetig ib. ib.), se ne levino le copie dall'Archivio dei Frari di Venezia, da quelli Capitolare, Municipale e Pretorio di Cividale, dal Notarile di Udine, dalle Fabbricerie, Comuni e privati. Furono questi ultimi (specie i signori cav. Geminiano Cucavaz, sindaco, Domenico Podrecca, possidente, ed Antonio Liccano, perito, di S. Pietro; il più volte lodato revenendo don Pietro Podrecca di Rodda; dott. Giuseppe Faidutti di Scrutto e Giovanni Blasutig di Vernassino, che pubblicamente ringrazio) i quali mi fornirono i precipui documenti e notizie pel lavoro e, quello che è più notabile, della antica vita privata degli Slavi.

È dunque ora che non solo gli Alemanni ed i Russi vengano ad esumare da quegli Archivi le nostre memorie storiche; è ora che ogni regione, ogni città e perfino ogni villaggio, cominci ad attingere alla fonte dei documenti delle sue famiglie, che ogni giorno si vanno disperdendo, i materiali di altrettante storie nuove e caratteristiche, preparazione alla vera Storia d'Italia e degli Italiani.

Se i documenti costituiscono la storia scritta, i monumenti ne sono la parlante, che un popolo, il quale voglia uscire dall'abbiezione, deve avere o procacciarsi.

Si riatti adunque la veneranda Chiesa di 5. Quirino, e, se il circostante cimitero raccoglieva le salme dei lontanissimi Slavi, divenga il modesto Panteon della regione.

Si cominci dall'esporre sur una parete interna di questa Chiesa i busti dello Stellini e del Querin e sull'altra un quadro raffigurante il Sindico Clemente Gallanda, che presta giuramento di fedeltà nelle mani del doge Cornelio, il quale lo ricambia colla famosa pergamena. Sul ristretto piazzale si educhino i tigli, ricordo almeno ai nepoti, del luogo in cui si teneva 1'Arrengo, il Parlamento della piccola Patria. Si rimettano al sito pristino le Lastre o Banche delle Vicinìe e delle Convalli d'Antro e Merso, intorno a cui si esplicavano un reggimento comunale ed un' amministrazione della giustizia popolari, e durati vigorosi fino all' ultimo respiro della indimenticata Repubblica di Venezia. Iscrizioni in pietra (che non ne manca) additino al viatore d'Oltralpe ove stavano i castelli ed i fortilizi, gli accampamenti ed i luoghi di battaglia, i cinque Passi e la guardia del Pulfero, ob preservationem gentium barbarorum.

Carlo Podrecca - LA SLAVIA ITALIANA

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