Le usanze pasquali nella parrocchia di Antro

Ricordi, considerazioni, riflessioni.
Se c'era una festa che amavamo sopra ogni altra, era la Pasqua. Non tanto per il giorno di Pasqua, ma per tutto ciò che la Pasqua si portava dietro.
Che settimana intensa per noi bambini.
Si iniziava con la domenica delle Palme.
Mio fratello Efrem andava in bicicletta fin a Dolegna del Collio dallo zio Giuseppe a prendere i rami d'olivo. Lo zio aveva gli olivi e li potava proprio nell'imminenza della Pasqua.

La domenica portavamo il nostro bel mazzo di rami d'olivo per la benedizione. Tornati a casa, sceglievamo i ramoselli più belli per prelevare le foglie più lunghe da mettere in bocca alle colombelle che la mamma avrebbe fatto la mattina del sabato santo.

Il lunedì iniziavano le pulizie.
Si incominciava con l'imbiancare la cucina. La cucina andava imbiancata tutti gli anni (il fumo anneriva facilmente le pareti), il tinello e le camere più raramente secondo il bisogno.
Un anno iniziarono di moda i rulli. Coi rulli la cucina diventava tutta una festa fiorita e anche un pò troppo.
Se poi il rullo non funzionava bene, per un anno era meglio non guardare le pareti. Dopo l'imbiancatura la pulizia delle masserizie. Se c'era la catena del focolare bisognava prendere e trascinarla correndo per tutto il paese, perchè si lucidasse. Era una spasso di suoni!
Lucidare i secchi e le padelle di rame era compito delle donne, anzi delle donne più esperte, perchè se si sbagliava procedura le pentole diventavano tutte macchiate.
Farina di mais, aceto, grattare, sciacquare velocemente e mettere subito ad asciugare era la tecnica giusta.

Il giovedì era il giorno del bucato, ma anche il giorno della prima cerimonia importante.
Durante la messa al canto del "Gloria" si suonavano le campane e i campanelli.
Alla fine del "Gloria" campane e campanelli dovevano tacere fino al "Gloria" del sabato santo.

Il venerdì era fondamentale:
era dedicato alla cottura dei dolci: soprattutto focacce, gubane e colombelle.
La zia faceva una ventina di gubane e altrettante focacce.
Era necessaria una buona quantità, in quanto il giorno dopo Pasqua era la sagra della Grotta, che Tarcetta considerava la sua sagra.
Venivano tanti parenti e, com'era tradizione, bisognava regalare una gubana.
Era importante anche per l'adorazione della croce durante la cerimonia delle 15.00.
Uno ad uno ci si recava a baciare la croce, dopo aver sostato brevemente in ginocchio per tre volte.
Ricordo che vedevo le donnette muovere le labbra velocemente pregando, ma quando toccava a me non sapevo cosa pregare.

Ma il giorno che aspettavamo maggiormente era il sabato santo.
Già da tempo avevamo adocchiato qualche bel fungo poliporo.
Bellissimi perchè grandi, a volte enormi, erano quelli del faggio.
Bisognava con pazienza staccarlo dalla pianta senza romporlo.
Poi a casa bisognava forarlo per legarlo a un bel filo di ferro, al quale all'estremità si faceva una bella maniglia.
Perchè tutte queste operazioni?
Il sabato santo, all'inizio della cerimonia veniva benedetto il fuoco, al quale poi si accendevano le candele della chiesa e che dopo la messa doveva essere portato in tutti i focolari delle famiglie.
Il trasporto più sicuro e pratico era proprio quel fungo, che non si spegneva mai anche perchè appeso a quel filo con la maniglia lo si faceva roteare, attivando il fuoco.
Che divertimento!
Si passava nella propria famiglia ad accendere il fuoco, ma poi anche nei focolari dei parenti o dei vicini di casi, i quali come ricompensa elargivano qualche dolcetto pasquale.

Ma il sabato santo era bello anche perchè il pomeriggio avveniva la benedizione del pane.
Questa era importante, perchè prima della benedizione non si poteva neppure assaggiare tutto il ben di Dio che era stato preparato per la Pasqua:
focacce, gubane, struchi, uova sode, salame, uova al cioccolato e qualsiasi altra cosa commestibile.
Anche se per la verità il tutto era rimandato alla colazione del giorno di Pasqua.

La mattina di Pasqua ci si recava ad Antro per la comunione.
Dopo la comunione di corsa a casa, perchè era il momento, anzi l'obbligo, di mangiare di tutto un poco:
l'uovo, la focaccia col latte, la gubana...

Ma la settimana non era ancora finita.
C'era anche il lunedì!
Anzi il lunedì era la festa più grande.
Si andava in grotta, arrivavano i parenti a pranzo, alla sera (anche se la cosa faceva infuriare i preti) si ballava.
Che festa per le ragazze!

Un po' di profano alla fine non faceva poi tanto male!!!
Nino Specogna
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