Le nostre tradizioni pasquali

Una breve ricerca sulle tradizioni pasquali di Ilaria Banchig, allieva della Scuola Media Statale di S. Pietro al Natisone - a. sc. 1995-96


Mia zia m'ha raccontato che quarant'anni fa le tradizioni pasquali erano diverse dalle attuali. Quella volta, infatti, le donne pulivano e riordinavano la casa già quindici giorni prima di Pasqua.

Dato che nelle case non esistevano i radiatori ma i focolari, i ragazzini andavano a prendere il catenaccio del focolare, dove si appendevano le pentole e facevano il giro del paese, scotendo il catenaccio e trascinandolo per terra, in modo che si pulisse dalla cenere e dalla fuliggine accumulata durante l'anno.
A volte a qualche bambino veniva in testa di approfittare per fare una puntatina al Natisone. Allora tutto un gruppo di bambini gli correvano dietro gridando, fino sulle rive del Natisone, sulle cui ghiaie il catenaccio veniva trascinato e lucidato.
Quell'anno a Pasqua il catenaccio era particolarmente luccicante.

I dodici giorni prima della Pasqua passavano in fretta pulendo e riordinando la casa.
Si arrivava al giovedì santo. In quel giorno e anche il giorno di venerdì le campane in segno di lutto non suonavano, come del resto oggi.
Allora i giovani a mezzogiorno e alla sera facevano il giro del paese con il laskotac, uno strumento artigianale costruito in casa capace di fare un gran fracasso e che consisteva in una cassa di risonanza con sopra martelli che battono a raffica, assieme a listelli di legno che scorrono sopra una ruota dentata.
Questo strumento non solo sostituiva le campane ma era anche un simbolo pasquale: voleva, infatti, simboleggiare il rumoreggiare della folla che chiedeva Gesù condannato a morte.
Questo strumento era anche un divertimento per i bambini.
La mattina, già alle 6, il ragazzo più mattiniero usciva con coraggio dal letto e faceva il giro del paese con suo laskotac per svegliare gli altri ragazzi.
Si radunavano e poi tutti insieme facevano il giro del paese per comunicare a tutti l'inizio di un giorno particolare.
Le persone in cambio di questo servizio davano ai ragazzi delle uova cotte, che poi loro mangiavano.

La mattina, sempre del giovedì santo, tutte le donne si ritrovavano davanti alla chiesa e tutte insieme pulivano la chiesa da cima a fondo.
Non solo, ma lavavano tutti i panni della chiesa e mettevano a stendere al sole tutti i paramenti sacri. I contadini prendevano i buoni auspici da questa operazione. Se, infatti, riusciva bene, con una giornata secca, calda e soleggiata, il fieno si sarebbe asciugato con facilità durante tutta l'estate.

La mattina del venerdì santo le donne si alzavano e subito, al suono del laskotac, andavano a pulire il grande e caratteristico forno a legna, simile a quello dei pizzaioli di oggi, che serviva alla cottura delle gubane, il dolce tipico di Pasqua.

Allora non esistevano le uova di Pasqua (di cioccolato); le mamme, per fare ai loro bambini qualcosa di speciale per la festa, preparavano le colombine con la pasta della focaccia. All'interno delle colombine mettevano un uovo (o una noce), due granelli di grano saraceno al posto degli occhi e una fogliolina d'ulivo in bocca. Per i bambini era davvero una bella sorpresa.

La sera del venerdì santo si faceva la funzione in chiesa e, se non pioveva, anche la processione attorno al paese.

Il pomeriggio della vigilia di Pasqua, il sabato santo, visto che verso le ore 15 c'era la benedizione del pane, tutti insieme, mamme e bambini, si divertivano a preparare i cestini. Era scelto il cestino più bello e dalle dimensioni adeguate rispetto al contenuto.
Sul fondo si appoggiava un bianco tovagliolo e sopra il pane integrale che rappresentava il corpo di Cristo, cinque uova che rappresentavano le cinque piaghe di Gesù, tre radici di hren (ramolaccio) che rappresentavano i tre chiodi con cui Gesù è stato crocifisso e lo spago del salame che rappresentava la corda con cui Gesù è stato legato alla colonna per essere flagellato.
Sopra questi simboli sacri si mettevano le varie leccornie: gubane, facacce, colombine, uova sgusciate cosparse di cannella, pane, ecc. In ogni cesto era obbligatorio il pane, perché rappresentava il corpo di Cristo.
Il tutto doveva essere adornato con un rametto d'ulivo benedetto il giorno delle Palme.

All'ora stabilita, tutti si recavano in chiesa o, nei paesi dove questa non c'era, in una casa tradizionalmente prestabilita dai paesani.

La sera del sabato santo si faceva la veglia pasquale.
Davanti alla chiesa si accendeva un falò con accanto un secchio d'acqua, che venivano benedetti.
L'acqua sarebbe servita a benedire le case e a somministrare i battesimi durante l'anno. Col fuoco si accendeva il cero pasquale una cerimonia suggestiva.
Nella chiesa buia entrava il celebrante col grande cero pasquale in mano e per tre volte intonava davanti a tutti: - Cristo luce del mondo! -
Tutti rispondevano: - Rendiamo grazie a Dio! -
Alla fine della messa la gente prelevava della brace, portandola nel proprio focolare, perché restasse benedetto tutto l'anno.
Questo servizio veniva fatto spesso dai bambini, che si servivano di un grosso fungo legnoso, perché, una volta acceso, non si spegneva più; in cambio ricevevano qualche dono.

Finalmente la Pasqua! Prima della colazione, che era ritenuta un lusso, tutti si recavano in chiesa a ricevere la comunione, perché bisognava essere a digiuno dalla mezzanotte. Poi si mangiava focaccia e caffelatte.
Il taglio della focaccia lo faceva la mamma; lo faceva precedere da un segno di croce fatto col coltello sulla focaccia stessa. Lo stesso gesto veniva ripetuto dal padre sul pane e sul salame.

Alle dieci e mezza suonavano le campane, che annunciavano la messa solenne delle undici. Tutti si radunavano davanti alla chiesa.
Di solito le donne andavano alla messa "piccola", perché dovevano preparare il pranzo, che consisteva in brodo, pollo lesso e la tanto attesa gubana.

In chiesa alla fine della messa tutti cantavano Jezus je od smrti vstu, poi si scambiavano gli auguri e andavano a pranzare nelle rispettive case.
Di solito il pomeriggio si andava a porgere gli auguri ai parenti o li si aspettava in casa propria, dopo però essere stati al vespero pasquale delle due e mezza.

Belle le nostre tradizioni, vero?
Banchig Ilaria

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