Le piante e la vegetazione delle Valli del Natisone

Giglio Martagone
Giglio Martagone
Da conferenze del prof. Gualtiero Simonetti sulla vegetazione delle nostre Valli, tenute presso la Scuola Media Statale di San Pietro al Natisone nella settimana dal 12 al 19 marzo 1998, la professoressa Castellani ha riassunto quanto segue
Storicamente lo studio delle piante si è sviluppato grazie ai monaci, che delle piante facevano soprattutto un uso medicamentoso.
Oggi l'acido salicilico contenuto nella famosa aspirina è un prodotto di sintesi, cioè un prodotto di laboratorio, mentre una volta era ricavato dalla corteccia del salice.
Non a caso quindi i primi orti botanici nacquero presso i monasteri, dove furono coltivate le piante officinali, cioè le piante medicamentose, in modo da poterle usare all'occorrenza senza doverle cercare in luoghi più o meno remoti con evidente perdita di tempo.

Delle piante officinali si usano tutto il cormo o soltanto le parti sotterranee (aconito, colchico, ecc.), le foglie (belladonna, digitale, ecc.) i fiori (camomilla, lavanda, ecc.), i semi, le gomme o resine estratte, a seconda che i vari composti (alcaloidi, glucosidi, oli grassi, essenziali), ai quali sono dovute le proprietà terapeutiche, siano diffusi in tutta la pianta o localizzati in parte di essa.

Circa 200 - 300 anni fa iniziò uno studio sistematico delle varie parti delle piante e dei luoghi dove esse vivono. Furono creati i primi archivi e in seguito accurati cataloghi per zone.
L'approccio divenne pertanto prettamente scientifico e le varie piante furono classificate secondo caratteristiche ben precise riferite ai loro organi riproduttori.
In seguito a questa classificazione ogni pianta ricevette un nome che la identificò e poiché la lingua scientifica ufficiale in quel tempo era il latino, il nome identificativo d'ogni pianta, che è lo stesso in ogni luogo del mondo, fu espresso in latino.
Prendiamo in considerazione un ambiente che tutti conoscono bene per capire alcune cose.
Campanule
Campanule
Facciamo innanzi tutto una prima distinzione: il prato può essere naturale oppure artificiale.
E' naturale il prato lasciato a se stesso senza alcun intervento da parte dell'uomo.
E' artificiale quando l'uomo opera una selezione delle specie inizialmente presenti, ad esempio mediante lo sfalcio: nel prato falciato sopravvivono solo le piante che sopportano lo sfalcio e cioè quelle che fioriscono presto oppure quelle provviste di robusti apparati radicali.
Altro esempio d'ambiente artificiale molto comune è quello degli ambienti di calpestio, come i sentieri e i margini dei prati e dei campi, intesi come luoghi di passaggio dell'uomo e degli animali. In questi ambienti è stata operata una decisa selezione delle specie, favorendo quelle capaci di resistere al continuo disturbo meccanico dovuto al calpestio e al terreno molto compattato dal continuo passaggio.
Troveremo in quest'ambiente piante dalle foglie dure come la piantaggine, il trifoglio bianco, il tarassaco e diverse altre specie.
Alcuni termine specifici

Per quanto riguarda lo studio della botanica con il termine flora s'intende lo studio sistematico d'ogni singola pianta presente in un ambiente.
Con il termine vegetazione s'intende, invece, lo studio di come le varie piante vivono assieme; in altre parole come si associano.



Il luogo geografico dove vive una pianta è indicato con il termine di areale e può essere molto esteso come pure estremamente ridotto e limitato ad un'unica zona.
In questo caso si parla di endemismi.
L'areale può presentarsi anche a "macchie".

L'influenza del clima, dell'altitudine, del tipo di terreno

Jeracio
Jeracio
Le piante subiscono influenze dal clima (fattore più importante), dovuto alla quota, come pure dal tipo di terreno.

Per valutare le influenze di tipo climatico di solito si valutano la piovosità media (rappresentata per mezzo di isòiete, cioè linee costruite con punti che hanno la stessa piovosità) e le temperature massime e minime di una zona.
Ad esempio, i gerani che ornano i nostri balconi provengono dal Sudafrica, zona di Città del Capo, per questo, se vogliamo conservarli a lungo, dobbiamo metterli al riparo durante l'inverno.

Le nostre Prealpi sono zone dove piove molto spesso a causa del fatto che le correnti umide provenienti dalla pianura, salendo lungo i pendii verso le cime si raffreddano e scaricano pioggia
(sulla catena di Musi la piovosità media è di circa 3000 mm annui, la più elevata d'Italia).
Al centro della catena alpina piove molto meno; a Bolzano la piovosità è uguale a quella di Tunisi.

Questo fatto si riflette sull'areale del faggio che, essendo legato ad un clima di tipo oceanico e quindi molto umido, si ritrova a sud e a nord delle Alpi, ma non nella parte centrale troppo secca.

Anche l'altitudine è un importante elemento selettivo.
Gli abeti della taiga, ad esempio, per sopportare il freddo, sono provvisti di foglie dure a forma di aghi. Allo stesso modo è importante la latitudine.
Da noi, ad esempio, il limite del bosco si colloca circa sui 2000 m di quota, nel Nord Europa si abbassa ai 1000 m, in Scozia scende ancora e si attesta sui 500 m per arrivare alla Norvegia ai 0 m di quota.

Il Friuli Venezia Giulia possiede diversi paesaggi vegetazionali ed è ricco di circa 3000 specie di piante spontanee.

Le Valli del Natisone si collocano in una fascia compresa tra collina e Prealpi.

Le carte vegetazionali

Mestolaccia
Mestolaccia
Come si studia la flora? Attualmente i metodi di rilevazione sono di tipo puntiforme.
L'Europa risulta divisa in quadranti ed ogni quadrante è accuratamente esplorato per rilevare la flora e la vegetazione presenti.
In seguito a queste indagini sono elaborate le carte vegetazionali delle regioni dove le piante sono rappresentate con punti e la vegetazione con colori.

Le Valli del Natisone

Proviamo ad esplorare il territorio della Valli, partendo dalla forra del Natisone e salendo progressivamente verso la cima del Matajur.

Il Natisone verso Manzano e Buttrio scompare nel sottosuolo, ingoiato dalle ghiaie.
Nella sua forra sono presenti diverse piante che fanno da collegamento tra la pianura e le colline.

Si può, inoltre, osservare che le due rive del fiume si presentano diverse dal punto di vista del microclima: la riva destra è più secca, perché rivolta ad oriente; la riva sinistra è più umida, perché rivolta ad occidente.
Naturalmente quest'aspetto crea un certo grado di biodiversità tra le due rive.

Letto del fiume e falesie delle forre

Margherita
Margherita
In quest'ambiente si ritrovano piante come la campanula carnica;
piccole felci come la comunissima Asplenium ruta-muraria (la cui "sorella" coltivata è la Ruta graveolens, usata per aromatizzare la grappa);
la Parietaria judensis;
le piccole globularie, così chiamate per la forma della loro infiorescenza;
un apparentemente insignificante senecio,
il Leontodon blumati, importantissimo, perché cresce solo nei conglomerati del Natisone e resiste magnificamente alle piene;
i "non mi toccare" appartenenti al genere Impatiens proprio perché, appena toccati, sparano letteralmente i semi;
il farfaraccio (Petasites hybridus), le cui foglie trovavano impiego come copricapo e venivano un tempo anche utilizzate per altri usi meno nobili!

Più su, verso Stupizza, si trova
il Geranium sanguineum sulla sponda calda e sui ghiaioni della gola di Pradolino;
il Geranium macrorizum dalle grosse radici ricche di un olio essenziale;
nei posti ombrosi e umidi la Caltha palustris;
quindi la volubile cuscuta, pianta parassita i cui semi "corrono" sul terreno alla ricerca di una pianta sulla quale fermarsi per germogliare;
l'epilobio;
la rosa canina
e quella montana completano il paesaggio.
Mughetto
Mughetto
Le rocce calcaree sono ingentilite dalla delicata Saxifraga petrae, che deve il suo nome non al fatto che "rompe i sassi" ma al suo uso officinale per rompere i calcoli.
Infine, verso Cividale, lungo le scarpate ghiaiose che costeggiano le strade, è arrivata una pianta avventizia, giunta cioè da altri posti, proveniente dal Sudafrica e "fuggita" da un orto botanico attorno agli anni '60:
il Senecio inequidens, che inizialmente si trovava nei letti ghiaiosi dei fiumi, ora, in seguito al prelievo di ghiaie per la costruzione delle strade e autostrade, ha colonizzato i bordi delle vie di comunicazione.

Prati stabili aridi lungo le rive del fiume

Prato fiorito
Prato fiorito
Subito si nota la presenza delle ombrellifere sul terreno arido e sassoso,
come la ferula e l'angelica;
la piantaggine dalle foglie strette;
lo sclopit
e la calcatreppola;
l'Erythraea centaurium, che contiene sostanze febbrifughe e il cui nome scientifico ricorda sia i centauri, grandi conoscitori di erbe medicinali, sia il colore rosa intenso del fiore (erythraeus=rosso).
Erigeron
Erigeron
Si possono ritrovare
i galletti dei prati (Lathyrus pratensis);
la filipendula dalle cui radici sottili, dotate di ingrossamenti ricchi di riserve, era ricavata una farina utilizzata per l'alimentazione umana;
alcune orchidee, emiparassite su piante diverse, il cui fiore talvolta assume la forma del corpo di un insetto come strategia riproduttiva;
le orobanche, vere piante parassite prive di clorofilla;
molte graminacee che prediligono questi ambienti aridi;
il meliloto, ottima pianta mellifera responsabile dell'odore caratteristico e gradevole del fieno;
l'ortica, la prima pianta riconosciuta dai bambini, alla quale sono state attribuite diverse proprietà quali l'effetto curativo nei confronti dei reumatismi (a proposito di reumatismi, i nostri vecchi sterminarono letteralmente le marmotte per recuperare il loro grasso creduto erroneamente utile contro i reumatismi), dalle fibre dell'ortica era ricavata una fibra tessile poco pregiata ma che in Scozia, fino al secolo scorso, era utilizzata per confezionare tovaglie e lenzuola;
l'alliaria, che odora di aglio ma non lascia tracce fastidiose all'alito.

Nei boschi che segnano il percorso del fiume troviamo una bell'associazione che sopporta bene i terreni aridi, formata da
carpino nero (Ostrya carpinifolia) con foglie ovali e seghettate; varie querce, di cui una conserva le foglie in inverno;
il frassino minore (Fraxinus ornus) con infiorescenze pendule, dense e gradevolmente profumate.

Sempre più presente la robinia (Robinia pseudoacacia) per la rapidità e l'efficacia con cui dissemina i numerosissimi frutti; le sue gemme sono protette da spine ed il legno, ricco di tannini, non marcisce facilmente e viene perciò usato come pali di sostegno. E' ottima pianta mellifera, è originaria dell'America settentrionale ed arrivò in Francia importata da un botanico francese, Jean Robin, nel 1601.

Numerosi sono i cespugli che arricchiscono le rive dei fiumi e le siepi:
i due cornioli (Cornus mas e Cornus sanguinea) facilmente distinguibili per il colore delle infiorescenze e dei fusti.
Il corniolo dai fiori gialli fiorisce molto presto ed il suo legno duro e resistente una volta era impiegato nella fabbricazione dei denti del rastrello e degli ingranaggi degli orologi dei campanili.
I suoi frutti, allappanti, erano masticati dalle donne per produrre abbondante saliva per filare la lana.

La sanguinella predilige posti più freschi, i getti nuovi erano riuniti a formare fasci da utilizzare come scope per stalle e cortili.

Il viburno (Viburnum lantana od opulus) produce dei frutti molto apprezzati dagli uccelli.
Spontaneo in zone ben riparate possiamo trovare anche l'alloro.
Lo spino di Cristo
e lo spin crespino (Berberis vulgaris), fornito di spine riunite in gruppi di tre, erano usati per le siepi; quest'ultimo è stato eliminato, perché portatore di un fungo parassita del frumento; una volta dai suoi frutti si otteneva aceto.

Completano il paesaggio vegetale il biancospino e il sambuco dalle bacche velenose se crude ma ottime cotte per preparare marmellate e sciroppi.
Le liane, tra cui il tamaro (Tamus communis) dalle rosse bacche velenose
e la bella clematide (Clematis vitalba) si arrampicano rigogliose sugli alberi contendendo lo spazio all'edera.

Se poi volgiamo lo sguardo verso il basso ci accorgiamo che il sottobosco è altrettanto ricco e affascinante.
Ecco il pungitopo presente nelle due specie: Ruscus aculeatus ed hypoglossum;
le false ortiche (Lamium purpureum, album);
il vincetossico (Vincetoxicum hirundinaria), ritenuto erroneamente curativo per gli avvelenamenti, l'origano selvatico (Origanum vulgare);
il bucaneve e le campanelle (Galanthus nivalis e Leuconium vernum) che formano bianchi tappeti prima che spuntino le foglie degli alberi;
gli ellebori;
i vari anemoni (Anemone nemorosa, ranuncoloides, trifolia, proveniente dalla penisola balcanica);
l'erba epatica (Hepatica nobilis), ritenuta da Paracelso nel XVII secolo curativa per il fegato in accordo con la teoria della segnatura da lui elaborata secondo la quale il buon Dio ha segnato le piante buone per aiutare l'uomo dando loro la forma dell'organo che curano.

Ancora, troviamo
il dente di cane,
l'alchechengi,
la mercuriale,
la santoreggia,
i crocus,
le due dafne (dafne Mezereum e dafne laureola),
le euforbie,
la strana aristolochia che trattiene l'insetto all'interno del fiore finché è impollinato ben bene,
il velenoso colchico contenente una sostanza, la colchichina, capace di bloccare la divisione cellulare,
le belle elleborine che trovano nelle Valli un limite al loro areale.

Salendo incontriamo la zona dei castagni

I quali prediligono i terreni acidi e profondi, nel sottobosco troviamo
l'Aruncus dioucus di cui sono commestibili i giovani getti primaverili,
il giglio dorato,
la stellaria
e l'asperula odorosa usata per aromatizzare la grappa,
l'Epimedium alpinum,
la felce aquilina
e l'Asarum aeuropeum con il fiore puzzolente perché impollinato dagli insetti del sottobosco.
Genziana Kochiana e Orchis
Genziana Kochiana e Orchis
Il tasso spontaneo, il tiglio (pianta sacra dei popoli orientali), l'acero riccio, amante d'ambienti freschi, l'olmo montano, la betulla su terreni aridi e ben drenati, preferibilmente acidi e orientati verso nord, arricchiscono la vegetazione dei boschi.

Oltre l'orizzonte del castagno s'incontra il faggio, poi solo i prati!
Il faggio di solito si associa all'abete bianco; il suo legno è un ottimo combustibile e trova impiego nella costruzione di sedie nelle fabbriche di Manzano.

Nel sottobosco osserviamo l'Anemone trifolia proveniente dalla penisola balcanica, l'acetosella (simbolo dell'Irlanda), la salvia.
La dentaria rosa, la Paris quadrifolia o uva di volpe, la dentaria gialla, l'Aposeris foetida, la Cardamine trifolia, la Saxifraga rotundifolia, la parassita Neottia nidus-avis, la Mercurialis perennis, la Mirris odorata (anice dei boschi).

Arricchiscono il bosco il Sorbus aucuparia e ai margini compare il maggiociondolo e, in posizione ben soleggiata, qualche esemplare di Larix decidua dagli aghi raccolti a fascetti.

Quando inizia la zona dei prati, dei pascoli e delle malghe, il faggio si rifugia vicino ai sassi e alle rocce, unici luoghi non disturbati dall'uomo.

Nei prati falciati più lontani dai paesi si possono osservare cespugli di ontano nero probabilmente piantati dall'uomo per "concimare" il prato evitando il trasporto faticoso sulle spalle delle donne dello stallatico.
Infatti, sulle radici di questa pianta ci sono dei cianobatteri (alghe azzurre) che hanno la capacità di catturare l'azoto atmosferico e trasformarlo in azoto utilizzabile. Nei prati vediamo
i narcisi (solo nei prati falciati),
l'asfodelo (per i greci rappresentava la pianta dell'aldilà; cresce su terreni degradati e aridi dell'Europa meridionale),
il giglio arancione (Lilium carnicum)
e il giglio di monte o di San Giovanni,
la centaurea,
la Gentiana asclepiadea
e la Gentiana lutea o sinfiandra (la radice amara è messa nel vino bianco; attenzione però a non confonderla con il pericolosissimo Veratrum album),
l'Orchis sambucina viola e gialla (stessa specie nonostante il colore diverso),
l'Aconitum angustifolium (specifico del Matajur) il cui termine tedesco significa elmo con evidente riferimento alla forma dei fiori,
la rodiola rosea o Sedum rosa (pianta succulenta),
la ranuncolacea Pulsatilla montana,
i rododendri
ed i botton d'oro talvolta nascosti tra i cespugli di ontano verde (Alnus viridis).

Gualtiero Simonetti

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