I frammenti liturgici di Frisinga

Primi documenti dello sloveno antico
L'evangelizzazione degli Slavi ad opera dei santi Cirillo e Metodio
Tre documenti di carat­tere religioso, scritti nello sloveno antico, furono ritrovati nel 1803 nell’archivio vescovile di Frisinga (in Baviera) e vennero perciò chiamati
«I Monumenti di Frisinga» (Brižinski spomeniki) :
essi sono trascrizioni in grafia carolingia minuscola, i cui originali risalirebbero alla metà del IX secolo.

Il pri­mo frammento sarebbe giunto dalla Carantania, dove all’inizio del VII secolo era sorto il primo stato sloveno medioevale;
gli altri due sarebbero stati scritti nella Pannonia slovena (la Slovenska krajina ), la cui capitale era Blatograd nei pressi del Blatno jezero (l’odierno lago Balaton).

Alla corte del principe Kocelj soggiornarono dall’867 all’869 i fratelli missionari Cirillo e Metodio, che avrebbero redatto il secon­do e il terzo frammento liturgico.

Cirillo e Meto­dio - nati entrambi a Tes­salonica, il primo nell’ 827 e il secondo nell’ 825 - ela­borarono l’alfabeto glago­litico per poter esprimere lo slavo e segnarono così la nascita del paleoslavo come lingua letteraria, con la traduzione appunto di testi evangelici nello sla­vo.

Libri sacri in alfabeto glagolitico ( glagolu signi­fica parola, suono) furono usati anche nelle chiese della periferia triestina, come Ricmanje (San Giu­seppe della Chiusa) e Dolina (San Dorligo della Valle).

L’alfabeto glagolitico fu poi soppiantato da quello cirillico presso le popola­zioni slave aderenti alla Chiesa ortodossa: Russi, Ucraini, Serbi e Bulgari.

I tre docu­menti di Fri­singa sono dunque le più antiche testimonian­ze scritte della lingua slovena e precedono di circa un secolo la Carta di Capua (960), che costitui­sce il primo frammento della lingua italiana:
si tratta di un atto notarile concernente 1’ appartenen­za di terreni al monastero di San Bene­detto in Montecassino, in cui i testimoni a favore dell’abate Aligerno pro­nunciarono la seguente formula:
«Sao ko kelle ter­re, per kelle fini que ki contene, trenta anni le pos­sette parte sanchti Benedicti».

Il primo frammento liturgico di Frisinga con­tiene una formula di con­fessione generale e inizia con l’esortazione
«Govori­te za nami teh malo besed:
Bog, Gospod milostljivi, Oče Bog, Tebi izpovem ves moj greh... »

(Dite dopo di noi queste poche parole: Dio, Signore mise­ricordioso, Dio Padre, a Te confesso ogni mio pecca­to...).

Il secondo testo è uno schema di predica sul pec­cato e la penitenza, che nella parte iniziale consta­ta amaramente:
«Čie bi ded naš ne gre#il, bi mu na veke bilo živeti, starosti ne prejeti, nikoli skrbi ime­ti...»
(Se il nostro proge­nitore non avesse peccato, sarebbe vissuto in eterno, senza provare la vecchiaia né aver mai preoccupazio­ni...).

Il terzo frammento è una formula di confessione individuale, che inizia con queste parole:
«Jaz se odpovem zlodeju, in vsem njegovim delom, in vsem njegovim lepotijam... »
(Io rinuncio al demonio, e a tutte le sue opere, e a tutte le sue seduzioni...).

La Grande Moravia e la Marca slovena pannonica, che erano i due maggiori princi­pati slavi dell’Europa centrale, tentarono di raggiungere 1’ autono­mia religiosa, sot­traendosi all’egemo­nia degli arcivescova­di tedeschi per impo­stare una liturgia slava.

Carlo Magno ave­va spartito i territori sloveni tra l’arcidio­cesi di Salisburgo (798) e il Patriarcato di Aquileia; mentre Salisburgo esercitava un’influenza germa­nizzatrice, a sostegno del feudalesimo e del Regno dei Franchi orientali, Aquileia aveva un ruolo di pressione religiosa ma non etnica.

Pro­prio Cirillo e Metodio furono gli iniziatori dell’emancipazione politica e culturale degli Slavi; e anche dopo la morte di Cirillo - avvenuta nell’869 - Metodio proseguì nell’orga­nizzazione della nuo­va Chiesa, diventando in quello stesso anno arcivescovo del­le diocesi di Pannonia e Sirmio (con giuri­sdizione anche sulla Pannonia Superiore e sulla Grande Moravia).

Il patrimonio della scrittura slovena medioevale comprende inoltre alcuni testi più recenti:

il mano­scritto di Klagenfurt (Ce1ovški rokopis) fu compilato intorno al 1364 e consta di un foglio pergamenaceo in cui si leggono il Pater Noster, l’Ave Maria e il Credo;

il manoscritto di Stična (Stiški rokopis) pro­viene dall’ omonimo monastero cistercense della Carniola e fu scritto da due monaci (boemo il primo, slo­veno il secondo) tra il 1428 e il 1440.

Anche la Slavia friulana (o Benecia) ha contribuito alla formazione della lin­gua letteraria slovena, come attestano il manoscritto di Civi­dale (Čedajski roko­pis), tratto dal Liber fundationum della confraternita di S. Maria di Cergneu (presso Nimis) e databile al 1497, e il manoscritto di Castelmonte (Staro­gorski rokopis), opera di Lorenzo da Mer­nicco e databile tra il 1492 e il 1498.

Da lì a pochi decenni - nel 1551 - il grande protagonista della Riforma prote­stante slovena Primož Trubar (1508 - 1586) avrebbe dato alle stampe i primi libri in sloveno:
1’ Abbeceda­rio (Abecednik) e il
Catechismo (Kateki­zem),
a cui Jurij Dal­matin avrebbe fatto seguire nel 1584 la sua traduzione slove­na della Bibbia.
Sergio Pipan
DOM 2001
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