Il «genio» multiforme degli sloveni delle Valli del Natisone

Numerose furono le personalità della Slavia che durante il Risorgimento e i primi decenni del Regno d'Italia si distinsero in vari campi del sapere e delle arti
«Gli Slavi che frequentano le scuole elementari di Cividale od il Seminario arcivescovile di Udine sono i più distinti.
Buon contingente di professori agli istituti educativi della provincia fu sempre fornito dal distretto di S. Pietro».
Nella sua Slavia Italiana (cit., pp. 98-99) Carlo Podrecca ricorda alcuni dei personaggi che, all’epoca, si distinguevano in ambito provinciale in campo scolastico (i Clodig), ecclesiastico (i predicatori gesuiti Banchig e Tomasetig), della conoscenza delle lingue (Birtig di Podar ne parlava sette, Oriecuja di Rodda era impiegato al consolato italiano di Atene e Trusgnach di Trusgne all’ambasciata italiana di Pietroburgo).

Ma l’ingegno multiforme degli sloveni del Natisone si espresse in numerose altre personalità che vissero da protagonisti del Risorgimento italiano e i primi decenni del Regno d’Italia o si distinsero in vari campi del sapere e delle arti.

Come già ricordato, parteciparono attivamente ai moti del ’48 i già menzionati don Giuseppe Blanchini, cappellano di Rodda, don Michele Muzzigh, cappellano di Tercimonte poi di S. Pietro, don Stefano Domenis di Tarpezzo, che partecipò alla difesa di Venezia nel 1848, e i ‘patrioti’ di San Pietro Michele Struchil, Giuseppe Pirich, Giovanni Deganutti e l’ing. Giovanni Manzini di Pulfero.

Altre persone sostennero il movimento risorgimentale nella speranza di veder restituite alla Slavia le antiche autonomie.

Don Antonio Podrecca di Scrutto (1794-1870), il quale dopo aver predicato con successo dal pulpito della cattedrale di Parma, ritornò in diocesi e fu per breve tempo parroco a Fagagna; si ritirò a S. Leonardo, dove fu maestro comunale. Fu nominato corrispendente dell’Accademia udinese, alla quale propose la stampa di un libro di letture in sloveno e italiano per gli alunni della Slavia, ma la proposta non fu accolta.
Fu lui a proporre che al liceo di Udine fosse dato il nome di Jacopo Stellini.
Nel 1871, un anno dopo la sua morte venne dato alle stampe a Padova il suo volume «Della patria di Iacopo Stellini e del suo sistema morale» (B. Z., Primorski slovenski biografski leksikon (d’ora in poi Psbl), fasc. 12, Gorizia 1986).

Don Antonio Droli (Scrutto 1808-1888), cosciente della propria identità slovena, fu per lunghi anni cappellano e maestro di Cravero; compose poesie che furono musicate ed entrarono nel repertoria dei canti popolari.
Sia il Podrecca che il Droli erano componenti attivi del Comitato civico di San Leonardo che sosteneva l’annessione della Slavia al Regno d’Italia (B. Z., Psbl, fasc. 4, Gorizia 1977).

Aperto sostenitore del Risorgimento fu don Giovanni Vogrig di (Clastra 1818 — Udine 1904), sacerdote irrequieto che sosteneva le idee del liberalismo italiano.
Dopo una breve esperienza pastorale nella Slavia, fu precettore presso facoltose famiglie friulane.
Per le sue idee ed il suo comportamento ribelle fu sospeso a divinis dall’arcivescovo Andrea Casasola (1871).
Il provvedimento provocò in Vogrig reazioni ancora più violente che sfoceranno in una lettera a mons. Casasola di 48 pagine, pubblicata in due edizioni.
Nel 1874 fondò il settimanale-politico religioso »L’esaminatore Friulano«, di cui fu redattore e direttore responsabile e nel quale polemizzò anche con alcuni sacerdoti considerati acerrimi nemici del Regno d’Italia che da poco aveva ottenuto l’indipendenza.
Dal 1868 al 1893 don Giovanni Vogrig insegnò nel Regio ginnasio-liceo Jacopo Stellini (P. Caucig, Clastra e la sua storia recente e passata, Cividale 2008, pp. 91-105).

Un altro Vogrig di Clastra, di nome Stefano, si distinse sui campi di battaglia e non solo nelle guerre per l’indipendenza.
Nato nel 1823, frequentò gli studi umanistici nel seminario di Udine, poi si arruolò volontario nell’esercito piemontese.
Morì nel 1886 ed è sepolto nel cimitero di S. Pietro al Natisone. Sulla lapide sono ricordate le battagli combattute nella sua lunga carriera militare che culminò con il grado di maggiore dell’esercito: nel ‘48 a Pastrengo e Custoza, nel ‘49 a Novara, nel ’55 in Crimea contro l’espansione russa nei Balcani, nel ‘59 a San Martino e Solferino, nel ’60 contro l’esercito pontificio ad Ancona, nel ’66 contro i briganti nel Meridione.
Dopo il congedo fu sindaco di San Leonardo (P. Caucig, Clastra e la sua storia, cit., pp. 106-108).

«Quel tipo di gentiluomo alpino»: così Carlo Podrecca nella sua Slavia definì il suo parente don Pietro Podrecca (S. Pietro 1822 — Rodda 1889), ricordando una sua visita a Rodda.
Su queste pagine abbiamo più volte incontrato questo sacerdote, intellettuale, poeta, agronomo e politico nel senso più nobile del termine.
Don Pietro cantò la prima messa proprio nel 1848 e in quell’anno, foriero di rivolgimenti positivi anche per la Slavia, compose i versi Predraga Italia
/ Carissima Italia, ma poi, nel 1871, con la poesia Slovenija in njena hčerka na Beneškem /
La Slovenia e la sua figlia in terra veneta si scagliò contro la politica antislovena delle nuove autorità italiane.
Pietro Podrecca, oltre che come poeta, va ricordato per essere stato un ricercato predicatore nel dialetto sloveno del Natisone
(le sue prediche sono state pubblicate in Andohtljivi poslušavci / Devoti ascotatori, Cividale 2002, a cura di G. Banchig e R. Ruttar)
ed esperto agronomo: fu lui a promuovere a promuovere a Rodda la frutticoltura, in particolare delle famose pesche (B. Z., Psbl, fasc. 12, Gorizia 1986).

Don Antonio Gujon (Mersino 1849 — Cividale 1947), fu per una decina d’anni cappellano a S. Volfango poi dal 1893 parroco a S. Pietro.
Si interessò di storia locale e scrisse in Pagine friulane (VI/8) sulle iscrizioni gotiche di Antro, Brischis e S. Pietro, sostenendo che tra gli sloveni del Friuli e dell’Illiria intercorsero stretti rapporti.
Per questa sua tesi venne attaccato dal Corriere di Gorizia al quale Gujon ribattè sempre su Pagine friulane (VI/9-10. Cfr. B. Z., Psbl, fasc. 6, Gorizia 1979).

Altri sacerdoti sloveni operarono e si distinsero in vari campi fuori dei confini della Slavia.
Don Valentino Liccaro (S. Pietro al Natisone 1806 — Udine 1880), ordinato sacerdote nel 1830, fu precettore in casa Cernazai e poi cooperatore a Tarcento.
Dal 1843 al 1848 fu segretario e cancelliere del vescovo mons. Giuseppe Godeassi (Medea 1788 — Zara 1839) a Spalato e a Zara, da dove fu allontanato per un articolo contro la politica austriaca.
Tornato a Udine, fu insegnante in seminario di studi biblici, greco ed ebraico, ma anche da qui fu allontanato perché inviso alla polizia austriaca.
Oltre alle lingue classiche, conosceva bene lo sloveno, il croato, il tedesco, il francese, l’ebraico e si intendeva di arabo e armeno.
Pubblicò il Manuale di predicazione, Venezia, Mantova, Guastalla 1864 — 1871 (Cfr. G. Biasutti, Sacerdoti distinti dell’arcidiocesi di Udine defunti dal 1863 al 1884, Udine 1958, p. 46 — 47; G. Banchig, P. Antonio Banchig, gesuita di frontiera, cit., p. 119).

Tra l’Istria e la Carinzia svolse il suo ministero pastorale don Ivan Obala di Mersino Alto, dove nacque nel 1824.
Compì gli studi nel seminario di Gorizia e nel 4° anno di teologia si trasferì nella diocesi di Trieste-Capodistria. Fu ordinato sacerdote nel 1849.
Da allora fu cappellano e parroco in vari paesi dell’Istria.
Nel 1887 si trasferì nella diocesi di Gurk/Klagenfurt e svolse il suo ministero in alcune parrocchie, tra le quali anche S. Leopoldo in Val Canale.

Ivan Obala è ricordato, assieme a Pietro Podrecca, come uno dei primi poeti e scrittori in lingua slovena delle Valli.
Ma la sua vena letteraria durò appena due anni (1849-50) poiché il suo servizio pastorale lo portò lontano dall’ambiente culturale sloveno.
In giornali e riviste slovene Obala pubblicò poesie, brevi racconti e una descrizione della Slavia, che probabilmente rappresenta il primo reportage di un benečano sulla sua terra.
Nel testamento lasciò alla cappellania di Mersino 7 mila corone con le quali fu costruita la chiesa del Sacro Cuore di Mersino Alto (B. Z. Psbl, fasc. 10, Gorizia 1984).
Giorgio Banchig
DOM n. 18 - 2011


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