Le armi non c'erano

Su segnalazione “circonstanziata” i carabinieri alla vana ricerca di armi nella chiesa di Matajur
Lo zelantissimo informatore non doveva aver dubbi che nella sacrestia della chiesa di Montemaggiore di Savogna erano nascoste anni.
Da quali elementi il Nostro avesse dedotto il terribi­le sospetto, non è dato di sapere, ma il fatto stesso che si è rivolto alle forze dell’ordine e le ha convinto ad aprire un fascicolo in proposito avrebbe dovuto deporre a favore del suo fiuto e della sua grande dedizione alla causa dell’ordine, della legalità, contro ogni infiltrazione di idee e movi­menti sovversivi o arrugginiti residui della guerra di liberazio­ne.
Niente lo ha fermato: nè il luogo sacro, né la figura del par­roco, mons. Pasquale Guion, ottantaseienne, da 58 anni a Matajur sempre in prima fila nel­la difesa dei diritti della sua gente (o lo ha spinto proprio questo?), nè, soprattutto, il rischio di fare una brutta figura e di scomodare inutilmente i Carabinieri accorsi in forze daUdine e da San Pietro a Montemaggiore.

Nella sacrestia della chiesa parrocchiale dei santi Gervasio e Protasio dovevano esserci sicuramente delle armi, che dovevano essere messe al sicuro perché non cadessero in mano a ignoti malintenzionati quando nei prossimi mesi la chie­sa sarà messa a soqquadro per essere ristrutturata.

Questa la probabile ricostruzione degli antecedenti di una giornata che ha messo in subbu­glio la gente di Montemaggiore, i parroci mons. Pasquale Guion e don Natalino Zuanella, il fratello di quest’ultimo, il diacono Pasquale, il vicario foraneo di San Pietro al Natisone, mons. Dionisio Mateucig, e lo stesso arcivescovo di Udine.

Erano circa le 11,30 di lunedì 13 novembre.
Un carabiniere si reca a casa di Pierina Medves a chiedere la chiave della chiesa con la motivazione di un control­lo.
Impressionata e incerta sul da farsi, anche perché il parroco mons. Guion non abita in paese ed è difficilmente raggiungibile, la signora va alla ricerca di don Zuanella.
L’accompagna un cara­biniere.
Intanto ha consegnato le chiavi al comandante dell’opera­zione.
La chiesa viene aperta e i militi iniziano con il metal detec­tor a sondare pareti e soffitti.
Arriva il diacono Pasquale e apprenda che si stanno cercando armi: fucili, mitraglialori, mum­zioni...
Della gladio rossa?
Possibile?!

L’apparecchio segnala la pre­senza di masse metalliche sul sof­fitto della sacrestia, ma per but­tarlo giù è necessario un mandato della magistratura, che viene immediatamente contattata.

Vengono avvertiti l’arcive­scovo, mons. Battisti, e il vica­rio foraneo, che accorre sul posto; viene rintracciato anche don Natalino Zuanella.
Alle quattro del pomeriggio il sosti­tuto procuratore, Giancarlo Buonocore, si presenta all’Arcivescovo con il mandato di perquisizione, firmato il quale può avere inizio la demo­lizione del soffitto della sacrestia.
Mons. Battisti è preoccu­pato; pensa anche all’età di mons. Guion.
Ma niente può ormai ferma­re l’intervento anche perché tutto sembra coincidere.
L’informatore stava per rende­re un grande servizio alla comunità: i Carabinieri avreb­bero sventato un grosso perico­lo e mons. Guion avrebbe dovuto rispondere del reato e subire le conseguenze del clamoroso sequestro di armi nella sua sacrestia.

Un Carabiniere sale oltre il buco aperto nel soffitto, illumi­na il sottotetto con una potente pila:
nulla, terribilmente nulla!

Guarda meglio, scruta in ogni angolo:
ancora nulla.
Qualche chiodo arrugginito o qualche grossa čavila avrà fatto impaz­zire il metal detector?
Non è possibile!
Sale un altro Carabi­niere e poi un altro ancora:
di armi neanche l’ombra sotto il fascio di luce della pila.
Ma le armi ci devono pur essere in qualche posto!

L’informatore non poteva sbagliarsi, non poteva giocarsi così la sua reputazione e la sua affidabilità di fronte alle forze dell’ordine, non poteva far fare loro quella figura davanti alla gente che man mano veniva a curiosare.
Si prova a scavare anche il pavimento.
Anche qui nulla, desolatamente nulla!

Davvero i conti non torna­no...
E possibile prendere un abbaglio, un granchio così grosso?
Forse nella sua benemerita carriera il Nostro non si era mai trovato in una situazio­ne così penosa, imbarazzante.
Qualcosa aveva sempre rime­diato, se non altro una dénun­cia per le processioni senza il dovuto permesso o un’inchie­sta (andata buca anche questa) su presunte prediche dei parro­ci di Tercimonte e di Matajur contro la bandiera italiana; altre volte i suoi pedinamenti avevano contribuito ad aumen­tare il volume dei dossier su persone sospette; anni fa aveva causato un controllo alla mac­china di mons. Guion che tra­sportava bambini al doposcuo­la sloveno...
Ora quali giustifi­cazione troverà di fronte ai comprensibilmente risentiti Carabinieri e al sostituto procu­ratore quando questi sarà torna­to dalle ferie?
E poi il polvero­ne sollevato, i giornali sempre in agguato, i commenti sarca­stici della gente, l’inutile apprensione causata all’arcive­scovo di Udine, al vicario fora­neo, ai sacerdoti del luogo...

Roba da sprofondare!

Qualcuno ricorda che lo scorso anno l’Arcivescovo è venuto a celebrare il Natale proprio nella chiesa di Montemaggiore e che qualche benpensante ha avuto da ridire;
altri parlano dell’alto ricono­scimento conferito di recente a mons. Guion dal presidente della Repubblica di Slovenia, Milan Kučan.
Ma non è possi­bile un collegamento!
Perché, allora, un intervento così deci­so, improvviso.., e andato a vuoto?
L. M.
DOM 1995
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