La musica popolare della Slavia friulana

La musica popolare della Slavia friulana è un articolo di Nino specogna apparso su QUADERNI FRIULANI 7 del giugno 1977.

L'articolo analizza in maniera abbastanza dettagliata il repertorio dei canti, la comunità di riferimento e l'individuo fruitore.
Con questo scritto non s'intende esaurire un argomento importante e attuale come quello della musica popolare; neppure semplicemente fornire nuove canzoncine interessanti o notiziole circa il canto popolare della Slavia Friulana; piuttosto impegnare a riflettere intorno ai problemi vivi e urgenti che il canto popolare in generale e quello della Slavia Friulana in particolare solleva, quando è inteso come elemento spontaneo di cultura.

È bene porre fin dall'inizio la ragione del particolare interesse che il canto popolare acquista nella Slavia Friulana, tanto da dover essere considerato un bene insostituibile e irrinunciabile: nella Slavìa Friulana la tradizione popolare, di cui il canto popolare è un aspetto essenziale e integrante, rimane l'unica genuina tradizione culturale.

Dinnanzi a questa constatazione pare incongruente adagiarsi alla convinzione, piuttosto comune anche in ambienti culturali impegnati a livello popolare, che il mondo tradizionale popolare è in disarmo ed è destinato inesorabilmente a scomparire.

Uno studio approfondito e un amore genuino per la tradizione popolare, unica irrinunciabile e insostituibile, sfateranno un altro luogo comune: che interessarsi di tradizione popolare significa sfociare inevitabilmente nel rimpianto, nell'archeologia, nel divertimento alienante.

È impossibile che lo spirito dell'uomo, oggi come ieri, non riesca a cogliere i modi per il superamento delle difficoltà che lo ostacolano nella prosecuzione di una espressione culturale così autentica ed esteticamente valida com'era la tradizione popolare.

Sembra opportuno riassumere brevemente il contesto storico e culturale in cui il canto popolare è sorto, per tentare di risolvere i problemi attuali che gli si riferiscono.

La popolazione della Slavia Friulana ha costituito, fin dal suo primo insediamento nelle Valli, un tutto omogeneo:

una popolazione di classe contadina,
di lingua slava,
con tradizioni culturali proprie, o adattate e fatte proprie da culture vicine attraverso un lavoro di trasformazione e di assimilazione.

La sensibilità musicale di questa popolazione è notevole e si evidenzia nella validità estetica di un elevato numero di melodie popolari che sono tuttora presenti, almeno in parte, nella pratica corale spontanea di gruppo o in quella individuale.

L'interesse per questo patrimonio musicale popolare, che presenta caratteristiche di grande validità artistico-espressiva, è motivato dalla sua connaturale attitudine a suscitare negli individui del gruppo in cui è sorto una profonda carica emotiva, che desta nell'individuo stesso interesse per la sua capacità di espressione, e lo indirizza a recepire i messaggi nella maniera più positiva.

La validità artistico-espressiva del canto popolare è frutto dell'istinto collettivo del gruppo, che ha filtrato l'apporto dell'individuo attraverso la sua sensibilità musicale, raggiungendo attraverso un'opera di paziente e indefessa limatura la più alta perfezione artistica. Il canto popolare infatti riesce ad esprimere nel modo più perfetto e nella forma più sintetica delle idee musicali.

Sulla base di questa premessa è lecito giungere a delle considerazioni, che saranno a loro volta premessa per ogni tentativo valido di soluzione ai problemi che si intende sollevare.

Il gruppo sociale della Slavia Friulana, almeno fino all'avvento del fascismo, si costituiva anche grazie al proprio repertorio musicale, specifico e caratteristico nella lingua, nella melodia e nella tradizionale funzione di quello. Esso offriva all'individuo in maniera emozionale, che nel processo di assimilazione è psicologicamente la più valida, la sua identità.

L'individuo da parte sua riviveva il repertorio musicale che era patrimonio della comunità, scoprendolo come proprio e assai confacente alla sua personalità.

Il repertorio musicale infine si arricchiva e si modificava secondo le esigenze della comunità grazie all'apporto dell'individuo, sia pure filtrato attraverso l'inconscio istinto del gruppo.

Tutto il contesto musicale ruotava attorno a tre componenti:

una comunità socialmente e culturalmente omogenea,
un repertorio musicale patrimonio di comunità,
e l'individuo che nella comunità si riconosceva.

Di volta in volta uno degli elementi poteva divenire prevalente, senza però mai essere assente.

Oggi la realtà è diversa:

si tende ad eliminare di volta in volta una o più delle tre componenti, con risultati sempre negativi;
si vuole recuperare il patrimonio musicale, proponendolo però come semplice fruizione passiva da parte dell'individuo: un gioco in cui non è previsto, nè pensabile superare livelli epidermici e puramente sensoriali;
oppure il repertorio corale viene defraudato di proposito dalla sua caratteristica specifica di patrimonio qualificante un gruppo sociale;
o, ancora, il repertorio musicale si modifica secondo parametri assai lontani dallo spirito della tradizione, impoverendosi proprio di quei pregi artistici che dovrebbero farlo riconoscere agli occhi della comunità.

È sufficiente pensare ai canti nuovi della Slavia Friulana, in cui la struttura formale e quella melodico-ritmica male si riallacciano allo spirito della Tradizione, e la cui presenza in un Gruppo etnico ben caratterizzato diviene ambigua proprio nei confronti di quei valori che intenderebbero salvaguardare.

Il discorso sul triangolo:

comunità - repertorio - individuo,
potrebbe sembrare puramente teorico oggi, quando il mondo popolare tradizionale sembra inevitabilmente dissolversi.
Tuttavia esso centra un problema pratico e attuale:
la determinazione del rapporto tra tradizione e reinvenzione di essa.

Il che nel contesto del nostro di scorso equivale a:
"come riattivare la triangolazione".

Problema questo che si colloca a moflte di ogni altro problema.

Mi sembra opportuno considerare dapprima singolarmente i vertici del triangolo, per chiarirne meglio in seguito i rapporti, le dipendenze, le influenze reciproche.

Il repertorio

Nella Slavia Friulana, soprattutto nei paesini di montagna molto isolati e con una notevole tradizione canora (come Mersino, tutto il Comune di Drenchia e, almeno fino al 1940 ca., Cicigolis, Biacis e S. Leonardo) e in percentuale più ridotta presso che in tutti i paesi delle Valli, esiste, ancora la possibilità di incontrare "portatori" di canti o di tradizioni popolari.

E si può avere la fortuna di accorgersi di una tradizione di canto popolare ancora in atto, anche se notevolmente ridotta e legata a circostanze saltuarie e occasionali o alla pratica religiosa.

Come la "Devetica": novena di Natale che si svolge tra 9 nuclei familiari di ogni borgata con un rituale minuziosamente codificato e con canti popolari, dì cui uno certamente interessante: "O Judje, pošlušita kaj van bon poviedu jest".

Oppure concerti improvvisati all'osteria del paese alla festa, o sul tetto appena terminato di una casa, o durante la fienagione al termine della giornata in un casuale incontro fra persone "giuste" a un crocevia di montagna.

Molto del repertorio musicale è andato smarrito.

Per comprendere come è potuto accadere basti tener presente che il canto popolare è nato per sostenere determinate funzioni:

ritmare e perciò facilitare il lavoro,
rendere più divertente un gioco,
esprimere un messaggio da far giungere alla comunità,
sottolineare la protesta del gruppo,
addormentare un bimbo,
propiziare un gesto magico,
scandire il ritmo della vita e delle stagioni,
esprimere l'amore per la vita e per la natura,
ecc.

La melodia perciò, col suo uso e la sua tradizione, è strettamente legata alla sua precisa funzione sociale, fino a seguirne le sorti.

Inoltre molto spesso la funzione di una melodia è strettamente legata ad un'usanza tradizionale; melodie di questo genere sono le più interessanti, essendo le più antiche.

Il popolo non ha mai cantato solo per il gusto di cantare e nemmeno ha tollerato l'uso dei canti fuori della loro tradizionale funzione: un canto di lavoro non poteva diventare una ninna-nanna.

Nella Slavia Friulana esistono ancora usanze tuttora tramandate; altre sono cadute in disuso da poco tempo; di altre, certamente esistite, non se ne ha più memoria.

Delle prime e delle seconde è possibile ancora reperire le melodie relative con una certa quantità di varianti.

Certo è che molto del repertorio musicale conosciuto solo fino a una cinquantina d'anni fa è andato perduto, non essendo stato raccolto.

Non esistono infatti raccolte organiche e le pochissime raccolte antecedenti a tale data sono oltre modo lacunose.

È sufficiente osservare che la raccolta di Rihard Orel "Narodne Pesmi", che è certamente la più importante, non contiene nessun canto legato a usanze precise, nè ninne-nanne, nè canti di giuoco, ecc. Essa si sofferma di prevalenza sui canti amorosi: quei canti che la gioventù era solita cantare fino a qualche anno fa, raccolta sotto l'albero secolare del paese (di solito un tiglio), all'imbrunire, magari nell'attesa di recarsi a morosare, o sotto la finestra dell'amata come concerto amoroso.

La "Nuova Raccolta di Tradizioni Popolari Slovene in Italia" di Pavle Merkù, pubblicata recentemente, la quale prende in larga considerazione la Slavia Friulana, è frutto di lavori non anteriori al 1964, quando larga parte del patrimonio musicale più interessante era già irrimediabilmente perduto.

La nuova raccolta di Pavle Merkù peraltro, con la relativa documentazione registrata e conservata presso l'archivio della RAI di Trieste, risulta certamente fondamentale, e colma in parte rilevante un gravissima lacuna.

Solo in parte, essendo convinto che il lavoro di recupero del repertorio musicale popolare delle Valli non sia esaurito: serve continuare con un lavoro sistematico soprattutto di registrazione paese per paese, non foss'altro per individuare le eventuali varianti dei canti più antichi, che risulteranno illumitanti per qualsiasi studio si vorrà svolgere sopra il repertorio stesso.

Da queste considerazioni appare chiaro che un certo repertorio caratteristico della Slavia Friulana è stato salvato. Non solo, ma sussiste ancora sia pure allo stato semilatente tra la popolazione che lo avverte e lo riconosce come proprio.

Per ora è quanto basta, in quanto i problemi che il repertorio solleva, cercherò dì affrontarli nella prospettiva della triangolazione sopra menzionata.

Comunità omogenea

La popolazione della Slavia Friulana appartiene a un gruppo etnico ben definito per lingua, per appartenenza sociale, per usi e costumi, per tradizione culturale.

Il Gruppo fino all'avvento del fascismo era assai omogeneo.

Oggi, per motivi che sarebbe interessante considerare ma che esulano dalla stretta competenza dell'argomento propostoci, il Gruppo è meno omogeneo.

Esiste una frattura notevole, almeno stando alle apparenze, che trova il suo limite di demarcazione geograficamente grosso modo tra i paesi di fondo Valle e quelli della montagna.

Socialmente la frattura avviene tra la popolazione imborghesita e quella che conserva la tendenza a soddisfare le proprie esigenze materiali e spirituali di preferenza secondo la tradizione.

Questo secondo gruppo si riconosce ancora con notevole rnarchevolezza nel proprio repertorio corale.

Il primo gruppo, avendo operato un rifiuto più o meno netto nei confronti della propria identità etnica ed essendo legato in un modo più o meno chiaro e definitivo alla musica così detta "leggera" della classe borghese, sembra irrecuperabile alla riattivazione di un rapporto qualificante con la tradizione, rimanendo al massimo disponibile nei confronti del canto popolare tradizionale a un rapporto di consumo, epidermico, alienante.

Le Valli hanno una configurazione geografica che le obbliga a costituirsi in gruppo; l'attaccamento e l'amore per la tradizione sono sentimenti troppo radicati negli individui per poter essere smantellati sia pure da violenze prolungate, continue, più o meno sottili e appariscenti.

La scelta di classe inoltre sembra aver riaperto un canale che era solo bloccato non distrutto anche tra la borghesia.

Anzi si può affermare che la popolazione delle Valli si trova ancora oggi nelle condizioni ideali e privilegiate rispetto ad altri territori o gruppi per riconsiderarsi Comunità omogenea socialmente e culturalmente.

L'individuo

Considerando l'individuo la problematica si espande.

Nell'individuo I'atavismo e l'inconscio operano in modi diversi da quelli del gruppo e con minore intensità, non essendo in presenza di quel meraviglioso catalizzatore che è lo spirito del gruppo.

Nel gioco delle violenze e delle pressioni d'ogni genere quello che ha subito maggiori danni è certamente l'individuo.

L'individuo delle Valli ha una peculiare personalità con lati positivi:

generosità,
acutezza mentale,
laboriosità e ingegno
e dal punto di vista musicale una spiccata e naturale predisposizione a cantare in coro a più voci.

Ma anche lati negativi:

tendenza a sottovalutarsi,
esagerata coscienza dei propri limiti,
insicurezza,
pudore per una chiara identificazione sociale ed etnica, che, per apparenza artefatta di proposito da organi anche ufficiali dello Stato e per ragioni politiche, è avvertita come umiliante o addirittura degradante.

Quanto maggiori sono stati i danni, tanto più l'individuo delle Valli necessita di sostegno, di interessamento amorevole, di opera di restaurazione continua e pressante, cose che trovano attuazione pratica e certezza di successo proprio nel recupero della tradizione popolare e dei suoi valori attraverso il canto corale popolare.

I problemi che l'interdipendenza tra comunità, repertorio musicale e individuo crea, potrebbero essere diversi da quelli che sto per proporre.

Questi trovano la ragione d'essere posti in evidenza nella necessità, considerata prioritaria, di una reinvenzione dell'espressione culturale popolare, innestata su quella tradizionale in maniera continuativa, nella necessità cioè di riavvicinare tutta la popolazione delle Valli alla sua tradizione culturale e alla sua capacità creativa ed espressiva. Eccone alcuni:

Codificazione del repertorio musicale tradizionale

Necessita continuare nel lavoro di raccolta sistematica di tutto ciò che rientra nella categoria della tradizione e della musica popolare, paese per paese: registrando, catalogando, trascrivendo, pubblicando, tutto nella maniera più scientifica possibile, per giungere a una codificazione di tutto e del solo repertorio tradizionale e musicale delle Valli, messo a disposizione di tutti.

Solo in tal modo il vertice-repertorio sarà in grado di assolvere il suo importante compito.

È interessante notare che nella vicina Jugoslavia questò lavoro si verifica a livello di Stato; si può intuire con quali grandi risultati positivi.

Il repertorio musicale va poi studiato e analizzato per stabilire:

l'esatta natura dei suoi canti e del loro valore espressivo;
va esaminato il significato delÌe varianti;
stabilita l'esatta funzione dei singoli canti nell'ambito della comunità;
documentati i canti con altri elementi di carattere storico, etnologico e folcloristico;
chiariti i loro caratteri morfologici e strutturali oltre che estetici;
comparati i nostri canti coi canti popolari delle comunità affini o vicine, per stabilire i tipi originari dei canti popolari, gli elementi comuni e le reciproche influenze.

Rielaborazione del repertorio corale

È un problema senza dubbio complesso, delicato, fondamentale.

Come utilizzare i canti popolari?
Così come sono stati raccolti, privi cioè di qualsiasi decorazione?
Con la semplice melodia, oppure armonizzati?
E armonizzati come?
O elaborati magari secondo sensibilità moderne?

È' luogo comune che le musiche popolari vanno armonizzate con armonie di estrema semplicità, intendendo per estrema semplicità gli accordi dl tonica e dominante, o eccezionalmente sottodominante.

Per certi canti, quelli più recenti di tipo popolaresco non popolare, la teoria tonicà-dominante può andare bene.

Diventa insostenibile trattandosi di canti popolari antichi, dove la melodia è chiaramente libera da vincoli tonali o i vincoli tonali sono solo apparenti, insiti come sono nella "seconda" voce, che si è adattata di volta in volta alle diverse sensibilità del momento storico sotto l'influsso della musica colta.

Vale la pena portare almeno un esempio di melodia libera da vincoli tonali.

L'esempio è un canto popolare religioso, grave e solenne, intrascrivibile perfettamente sia nel ritmo che nella melodia e che diventa impressionante e suggestivo quando è cantato da tutta la massa del popolo. In alcuni paesi è ancora cantato (Mersino).

Altri esempi potrebbero chiarire la struttura melodica di larga parte dei canti popolari delle Valli, struttura che ha carattere discendente, sapore arcaico, molto simile al tetracordo dorico greco:

Gli esempi si potrebbero moltiplicare.

È sufficiente esaminare della raccolta di Orel:

Zuori, zuori bieli dan - Gor in dol po sried vasi - Suolnar pod lipo - Konjica iman prau bistrega - Za bielin gradon puojdemo - Travca mi raste - Moj oča, moja mati - Snujka sem na vahti biu - Snuojka sem mislo u vas iti - Siekaj, siekaj smrečico - Jubca je za lipco stala - Jubca moja, vstani gore - ecc. ecc.

Queste ultime due melodie sono interessanti anche per l'alternarsi delle misute ternarie e binarie.

Un canto certamente non antico e non popolare, ma di imitazione popolare è, sempre nella raccolta di Orel:
Slavič ponočni tičac.
E ci si meraviglia di trovarlo qui assieme a qualche altro raro esempio, come "Ti si hčerica te jubezni".

Il sistema tonica-dominante inoltre trova buon gioco, oltre che nella seconda voce che accompagna la melodia e che tende a "tonalizzare", anche nella struttura prevalentemente binaria del testo poetico e nella melodia stessa che tende quasi sempre a configurarsi attraverso una serie di domande e risposte, in modo tale che parrebbe ovvio porre sulla domanda la triade di tonica e sulla risposta quella di dominante. O viceversa, a seconda del caso.

Un modo forse semplice, ma certamente banale di utilizzare melodie che abbinano alla semplicità e alla sinteticità la più alta perfezione artistica e l'espressione più perfetta.

Del resto la stessa pratica popolare oggi ancora in atto smentisce il sistema tonica-dominante; il basso infatti, pur influenzato largamente dal sistema tonale, non pedalizza unicamente sulla tonica e sulla dominante, si muove con una certa libertà unendosi a tratti alla melodia per moto retto o per moto contrario, "sente" la tonica ma rimane libero nei confronti della dominante.

Il fatto che il basso non termini mai, almeno nelle melodie più antiche, all'unissono con melodia, o, parlando in termini tonali, il fatto che la melodia non termini mai sulla tonica e che quasi mai la tocchi, chiarisce l'influenza che storicamente il sistema tonale ha esercitato sull'accompagnamento della melodia, ma pone pure in evidenza la contradditorietà dell'applicazione del sistema dominante-tonica a delle melodie la cui nota finale non può mai essere considerata tonica.

D'altra parte il modo di cantare per terze è una pratica antica che risale almeno a mille anni fa; non s'intende pertanto negare l'acquisizione del senso della tonalità, anche se la pratica corale popolare conserva un sapore modale, piuttosto giustificare una grande libertà di movimento per far rivivere queste melodie nei modi più diversi ricorrendo anche agli accordi delle tonalità più lontane e chiarire l'opportunità di trattare queste melodie anche in senso modale-polifonico.

È' piuttosto essenziale che il compositore
conosca perfettamente le melodie, come ne conosce la lingua;
che le abbia "sperimentate" nella sua comunità;
che ogni voce che accompagna la melodia sia intrisa del carattere della melodia stessa, affinché tutto l'accompagnamento dia l'impressione di una unità indivisibile.
Tutto questo anche per impadronirsi del linguaggio musicale popolare, evitando cosi il rischio di parlare rivolgendosi al popolo una lingua straniera, quando si voglia proporre della musica nuova.

Se è vero che il popolo riconosce e gusta maggiormente i canti così come spontaneamente nascono, è anche vero che, oggi, quando il canto spontaneo è quasi sparito, il popolo riconosce e gode di quei canti nei quali il compositore o l'elaboratore hanno saputo infondere lo spirito della cultura popolare, anzi tende a interiorizzare quei canti, fino a farli diventare sua proprietà spirituale, ma solo se prima l'elaboratore o il compositore sono riusciti a far diventare propria acquisizione spirituale le metodie di cui si sono serviti.

Utilizzo del repertorio corale

Al problema della elaborazione è strettamente collegato quello dell'utilizzo del repertorio corale popolare.

L'elaborazione infatti di un canto popolare non ha senso all'infuori di un preciso pretesto storico, anzi diventa maggiormente valido e giustificato quanto maggiore è la sensibilità dell'elaboratore a recepire il pretesto storico.

Uno dei pretesti storici più validi è l'utilizzo del repertorio corale di una comunità a scopi educativi.

Poche persone, anche fra le più illuminate, riescono a intuire che si può e si deve educare con la musica prima che alla musica.

In tale educazione la musica popolare si colloca come elemento elettivo e preferenziale, agendo a livello psicologico attraverso due componenti che si integrano e si esaltano:

una componente affettiva capace di aprire il canale emozionale attraverso il quale i messaggi proposti vengono avvertiti, rercepiti e assimilati in maniera ottimale;
e una componente atavica che provoca la componente affettiva e favorisce l'interiorizzazione dei messaggi stessi.

È interessante a questo proposito richiamare la tesi del Pontvik, fondatore della scuola svedese di musicoterapia, riguardo all'effetto che la musica ha sulla sfera emotiva ed affettiva.

Egli sostiene, recuperando alcune idee di Jung e in particolare quella del ritorno alle origini evidenziato da un inconscio collettivo, che sarebbe lo stesso per tutti gli uomini.

Egli scrive:

"l'uomo moderno si avvale delle stesse immagini e degli stessi simboli profondi, i quali sembrano essere una specie di retaggio mentale, comune a tutta l'umanità senza distinzione di cultura, nè di razza".

Tra questi simboli profondi esistono evidentemente anche degli "archetipi musicali" che possono essere percepiti nei canti folkloristici popolari, i quali sono in relazione solitamente con tipi di musicalità primitiva.

È facile intuire quanto questo processo che la pratica del canto popolare è capace di smuovere, diventi utile alla formazione dell'individuo oltre che a fini puramente mentali e intellettivi e allo sviluppo di potenzialità sensoriali, anche per la ricostituzione del noto triangolo: comunità - repertorio - individuo.

Questo tipo di lavoro trova la sua collocazione naturale entro le strutture scolastiche.

Tralasciando l'incosciente dimenticanza della Scuola Italiana nei confronti dell'educazione musicale, come le colpevoli prevenzioni o ignoranze degli insegnanti di Educazione Musicale nei confronti del canto corale e di quello popolare dell'ambiente in cui la scuola è posta in particolare, esaminiamo i vantaggi che una adeguata pratica di canto corale popolare può trarre per la formazione dell'individuo.

Tutta la scienza contemporanea sta sempre più accentuando l'importanza del fattore relazionale della genesi del comportamento individuale a tutti i livelli.

Lo sviluppo completo di ogni individuo si rapporta, secondo questa scienza, al processo di interscambio fra individuo stesso e ambiente, attraverso una vasta gamma di esperienze che Io traggono dall'isolamento a una fase di conoscenza e di rapporto emotivo con gli altri.

Per degli individui, che si muovono nell'ambito della Scuola dell'obbligo (dalla Scuola Materna alla Scuola Media Inferiore), le cui esperienze conoscitive sono ancora limitate almeno qualitativamente ma che sono capaci di vivere pienamente quelle emotive, le esperienze vissute attraverso il canto corale popolare, che agisce direttamente sulle capacità di raziocinio dell'individuo senza bisogno di mediazioni di sorta e senza alcun automatismo e che è per eccellenza suscitatore di emozionabilità, divengono insostituibili per lo sviluppo di una presa di coscienza individuale, maturata nel contatto con personalità diverse messe a confronto durante la partecipazione attiva del proprio gruppo.

Questa presa di coscienza individuale favorisce l'inserimento in un gruppo e stimola psicologicamente l'individuo al processo di adattamento all'ambiente, facendogli acquistare piena coscienza della propria funzione e della propria utilità nell'ambito del gruppo, per lasciarlo permanentemente aperto alla socializzazione.

La presa di coscienza individuale matura così e si integra in quella ambientale.

Per l'individuo delle Valli, che stenta a prendere coscienza di dove si trova e perché vi si trova, costretto com'è per ragioni essenzialmente politiche a una situazione frustrante nei confronti dell'ambiente e di una chiara identificazione etnica, gli stimoli ambientali relativi ai valori culturali tradizionali, specialmente quelli che attraverso l'emozione stimolano la recettività dei messaggi e tra questi per eccellenza il canto popolare tradizionale, divengono drammaticamente indispensabili per meglio analizzare se stesso e conoscersi, per comprendere l'importanza di valorizzare e mantenere in vita le tradizioni del suo gruppo sociale ed etnico, e infine per una sua stessa integrazione nella società dello Stato Italiano.

Nel canto popolare parole e suoni sono due elementi equivalenti e della medesima importanza. Far cantare ai ragazzi i loro canti popolari significa riaccostarli alla lingua madre nel migliore dei modi e col migliore risultato.

Questo è un altro vantaggio e certo non trascurabile almeno agli occhi di chi si preoccupa di dare ai ragazzi un valore genuino:
la capacità cioè di esprimersi nella propria lingua materna.

Un bimbo che inizia a cantare i Suoi canti nella Scuola Materna, continua a cantarli nelle Scuole Elementari e nelle Scuole Medie, crea inevitabilmente dentro di sè un bisogno e di conseguenza un grande interesse nei confronti del repertorio che ha appreso e di quello che potrebbe apprendere, riconoscendolo come patrimonio della sua comunità. Non potrà, anche divenuto adulto, far a meno di cantare i "suoi" canti.

Si è verificato così nella maniera più naturale il collegamento tra i due vertici: individuo - repertorio.

Il collegamento con la comunità avverrà come conseguenza spontanea.

In questo modo si arriva a far cantare il popolo. Se è vero che pochissimi comprendono l'importanza di far cantare il popolo è anche vero che troppi di coloro che lo comprendono si arrendono dinnanzi alle difficoltà e tornano a dedicare i loro sforzi a un lavoro di elite, allineandosi a quella politica musicale che essi stessi condannano.

Un tempo il popolo cantava nelle chiese; cantava nelle piazze e nelle campagne, cantava nelle case e da per tutto.

Oggi il popolo non canta; è stato depauperato di un valore che, investendo la sua sfera affettiva e sensoniale, gli facilitava un notevole equilibrio psichico e gli apriva la via più importante per realizzarsi nella cultura, migliorando così la sua condizione umana.

Bisogha che il popolo torni a cantare.

Ecco un terzo vantaggio.

Nella moderna didattica acquista sempre maggiore peso il concetto della globalità e pluralità dell'educazione: ogni insegnamento cioè ha il compito di fornire all'individuo degli schemi mentali che gli siano utili al proseguimento di tutti i suoi interessi e nella vita stessa.

Da qui il concetto di educare con la musica, prima che alla musica.

Il canto popolare con la sua semplicità melodica e ritmica e col suo alto valore estetico, risulta ideale ai fini di una tale educazione, offrendo nello stesso tempo all'individuo la possibilità di introdursi nel modo più naturale possibile nel mondo della creatività e dell'espressione proprio attraverso le strutture melodiche e ritmiche semplici, sintetiche, esteticamente perfette del canto popolare.

Il canto popolare diventa in questo senso una seconda madre lingua attraverso la quale l'individuo esprime oltre che intende i messaggi, e, per la stretta relazione di influenza e interdipendenza che esiste fra canto popolare e musica dotta, attraverso esso è stimolato ad accostarsi alla musica dotta, a meglio comprenderla e gustarla.

Tutto questo lungo discorso per comprendere come nelle Valli sià indispensabile inserire il canto corale popolare nel contesto scolastico oltre che in ogni contesto educativo e culturale.

A questo proposito è doveroso indicare gli sforzi che nelle Valli alcuni Circoli Culturali attuano per sopperire almeno in parte alle deficienze dell'istruzione pubblica.

Il Circolo Culturale "NEZIDA ha inserito nel soggiorno estivo per ragazzi "MLADA BRJEZA" una lezione di canto popolare giornaliera.

Lo stesso Circolo ha iniziato il mese di gennaio 1977 a S. Pietro al Natisone una attività che avvicina i ragazzi alla teoria musicale attraverso il canto popolare prima, per giungere poi, nel prossimo ottobre, alla pratica strumentale, continuando a fondare l'educazione musicale dei ragazzi sempre soprattutto sulla musica popolare.

Al Corso sono iscritti oltre cinquanta ragazzi dai 3 ai 14 anni; frequentano regolarmente oltre trenta ragazzi.

Una attività simile viene svolta anche a Liessa e a Tribil Superiore.

Esiste inoltre un coro di "Bambini delle Valli" sostenuto soprattutto dal Gruppo "DOM", che, sia pure saltuariamente, svolge una attività corale.

È da augurarsi che, come spesso accade, l'iniziativa privata sia anticipatrice dell'intervento pubblico.

Il ruolo dei Cori delle Valli

Nelle Valli al momento attuale esistono 5 Cori organizzati:

Coro "Rečan" di Liessa
Coro "S. Leonardo" di S. Leonardo
Coro "Nediški puobi" di Pulfero
Coro "Pod Lipo" di Vernasso
Coro "Nediski glas" di Cividale.
Ai quali si può aggiungere il Coro dei ragazzi delle Valli di Tribil Superiore.

I Cori svolgono una intensa attività, relativamente al loro carattere dilettantistico.

Tutti i Cori hanno un repertorio di canti popolari delle Valli e, almeno a livello di subconscio, esiste il desiderio di proporlo al popolo come valore comunitario.

Il quale popolo dimostra sempre maggiore interesse proprio nei confronti del repertorio popolare delle Valli.

Servirebbe "inventare" iniziative di collaborazione fra i diversi Cori, non foss'altro per smussare e soffocare eventuali rivalità che nel campo dilettantistico non trovano giustificazione.

Un tentativo in questo senso è stato operato i mesi scorsi con la proposta di organizzare un Concerto di musiche popolari natalizie in comune fra tutti i Cori.

La formula avrebbe dovuto essere questa:
per la parte tecnico organizzativa e per le relative spese si sarebbero impegnati e avrebbero contribuito in parti uguali tutti i singoli Cori,
il Concerto si sarebbe svolto con l'esibizione contemporanea di tutti i Cori; ossia i Cori, disposti uno accanto all'altro innanzi al pubblico, avrebbero eseguito a turno un canto dopo l'altro fino ad esaurire il proprio repertorio (5 o 6 canti per ogni Coro),
inoltre sarebbero stati eseguiti dei canti in comune da tutti i cori. Ogni singolo Coro avrebbe scelto preventivamente uno di questi canti e lo avrebbe proposto allo studio degli altri Cori. Ogni maestro avrebbe diretto il canto scelto dal suo Coro.

Il tentativo è solo in parte riuscito, soprattutto perché si è partiti con notevole ritardo.
È da augurarsi che riesca pienamente in un prossimo futuro, con quale grande interesse e vantaggio per tutta la popolazione e per gli stessi Cori lo si può immaginare.

L'attività dei Cori solleva un grosso problema nei confronti del repertorio musicale delle Valli, risolto fin ora solo in minima parte:
i Cori hanno bisogno di elaborazioni valide dei canti,
elaborazioni fatte su misura e soprattutto capaci di suscitare di volta in volta interesse ed entusiasmo nei coristi prima che negli ascoltatori.

L'ottima elaborazione di un canto farebbe cadere prevenzioni o meccanismi di rigetto anche se provocati, faciliterebbe notevolmente il processo di interiorizzazione del canto da parte dei coristi, che lo riproporrebbero nella maniera più autenticamente sentita per essere goduto, gustato, compreso, approvato dagli ascoltatori.

Nel 1975 è stato stampato un opuscolo "Petnajst Beneških", che, se da una parte rappresenta un notevole successo dal punto di vista artistico per la presenza di elaborati di Pavle Merkù, è tuttavia per i nostri Cori solo una proposta di inizio.

Lo stesso discorso vale nei confronti della preparazione di un repertorio valido ai fini di una educazione musicale nelle Scuole Pubbliche o nelle istituzioni private che vogliano interessarsi dell'iniziazione dei giovani alla musica genericamente e più particolarmente ai valori culturali popolari delle nostre Valli, con elaborazioni appropriate, valide sul piano didattico ed educativo, ma anche su quello estetico.

Ho detto anche sul piano estetico, in quanto esiste una tendenza piuttosto generalizzata che presta particolare attenzione al messaggio del canto incentrato più sulla parola che sulla musica, per cui al limite anche una canzonetta può andar bene come supporto di testi, ad esempio, politico-sociali.

Nella musica popolare invece parole e musica hanno la medesima importanza e presentano le medesime caratteristiche di semplicità, spontaneità, immediatezza, valore estetico.

Il mondo popolare ha intuito istintivamente che anche la musica propone un messaggio che, collegato a quello della parola, penetra nelle menti con estrema facilità proprio a causa dell'emozione che la musica è capace di suscitare.
È infatti psicologicamente provato che nello stato di emozione la mente umana rallenta la sua resistenza nei confronti degli stimoli esterni e diventa più recettiva e pronta ad assimilare un messaggio.

Una canzonetta non provocherà mai un'emozione, forse solo una epidermica sensazione di piacere.

In definitiva badare più alle parole a detrimento del canto, significa allontanarsi di gran lunga dallo spirito della tradizione.

Comunque ci si sta muovendo anche ai fini della preparazione di un repertorio elaborato a scopi didattici ed educativi che viene collaudato nell'attività di preparazione teorica soprà menzionata dei ragazzi che vogliono dedicarsi alla pratica della musica strumentale, e quindi posto agli insegnanti della Scuola dell'obbligo delle Valli, assieme alla metodologia di un suo utilizzo.

La tradizione e la continuazione della cultura popolare

Si dice:
la cultura popolare è in disarmo;
l'espressione popolare popolare che comprende anche il canto si riduce a relitto privo di significato;
non si può rifare la storia;
ecc. ecc.

Sono luoghi comuni che fotografano con minore o maggiore abbondanza di particolari una situazione, ma restano luoghi comuni senza alternativa o con alternative incapaci di aggredire la realtà.

La tradizione e la continuazione della cultura popolare sono possibili, perché le soluzioni dei problemi esistono anche in quanto esiste la volontà positiva di attuarle.

Esistono infatti le premesse alle soluzioni stesse:

l'uomo continua la sua storia, che è per lo meno simile a quella di ieri;
l'uomo colto o incolto possiederà sempre l'aspirazione a fare qualcosa di bello, ossia a soddisfare una esigenza estetica attraverso l'attività del suo spirito;
l'uomo avrà sempre bisogno di risolvere le proprie esigenze pratiche anche attraverso la sua attività culturale o attraverso il canto in particolare, che avrà così ritrovato una sua funzione sia pure forse diversa, come quella di protesta, di rivendicazione, di lotta.

Ed esistono anche i mezzi per una tradizione e una continuazione della cultura popolare: primo fra tutti l'educazione dell'individuo, che deve iniziare già nella Scuola Materna.

Si dirà che la cultura popolare si è sviluppata fra gente incolta.

Si tratta di punti di vista;
di vedere cioè se è da consierarsi incolto chi sa gettare il seme in modo tale che nasca e si sviluppi, o chi è in grado di costruirsi con le sue mani una capanna o più semplicemente un muro a secco;
chi insomma riesce a soddisfare tutte le sue esigenze materiali e spirituali in maniera semplice, spontanea, immediata.

Il bambino di allora non era incolto, veniva educato nel migliore dei modi e nelle condizioni ideali, a contatto cioè con la natura; caso mai in seguito veniva a mancare l'inculturazione, cioè la trasmissione di norme e di valori presenti nella società più dotta.

Oggi nella Scuola è possibile ricreare quelle condinizioni ideali, almeno spiritualmente: un canto che proponga il mondo della natura alla fantasia dei fanciulli, ricrea quelle condizioni ideali.

Di questi canti nel repertorio popopolare ne esistono sempre ed esistono soprattutto nelle nostre Valli.

In seguito, dalle Scuole Elementari in poi, il fanciullo perfezionerà questa educazione e nello stesso tempo, attraverso il canto popolare, apprenderà la storia della gente, delle usanze, delle tradizioni e riuscjrà a comprendere meglio la sua stessa condizione attuale.

Infine apprenderà a cantare; e chi sa cantare, è "costretto" a cantare. Saranno pertanto superate le difficoltà e risolti i problemi per la continuazione di una tradizione che affonda le radici nella stessa origine dell'uomo.

Ecco perché bisogna arrivare a far cantare il popolo, se si vuole che la tradizione del canto popolare continui nella pratica corale, nel suo valore qualificante un gruppo o una classe e anche nell'arricchimento del suo repertorio.

Il repertorio si arricchisce infatti, quando il popolo canta.

A questo proposito è illuminante una mia esperienza recente: un uomo, completamente ignaro di musica, dedito alla pastorizia durante la bella stagione, mi cantò alcune sue composizioni originali nel testo e nella melodia, fatte durante il suo soggiorno alle malghe. Le incisi e le trascrissi. La melodia di questi canti era estremamente elementare e, pur possedendo il caratteristico sapore dei nostri canti tradizionali, era assai povera esteticamente, monotona, senza una precisa forma.

Dopo circa un anno, con mia meraviglia, sentii per caso uno di questi canti all'osteria: era divenuto interessante, più vario, e ripartito in una struttura binaria secondo la tecnica della domanda e risposta; piccole mutazioni gli avevano fatto cambiare volto.

"Questo canto l'anno scorso era diverso" - dissi.
"No, no, - mi venne risposto - l'abbiamo sempre cantato così".

Ovviamente le mutazioni erano state apportate dalle singole voci inconsciamente e secondo i canoni tradizionali: i cantori erano infatti completamente ignari di musica, ma esperti dei nostri canti tradizionali.

Questo processo di limatura e di perfezionamento e quindi di arricchimento del repertorio può verificarsi solo se il popolo canta.

Ed è interessante una seconda constatazione fatta da me personalmente: un signore di Mersino, C.M., cantava durante il periodo della guerra nel coro popolare di Livak presso Kobarid. Egli importava a Mersino i canti colà appresi per imitazione.

Uno di questi canti incominciò a piacere ai cantori del coro popolare di Mersino. In breve tempo il canto cambiò completamente fisionomia, cambiò perfino il ritmo che da binario divenne ternario.

Questo canto "Piancu je puno na sviat" è cantato ora nella versione di Mersino anche dai Cori impegnati delle Valli.

Questo discorso sull'educazione della gioventù attraverso i valori culturali popolari, se attuato, può portare frutto in un futuro assai prossimo.

Ma per gli adulti di oggi esistono possibilità di recupero ai valori culturali tradizionali?

Esistono certamente, se il lavoro di recupero non si riduce a far semplicemente ascoltare i canti tradizionali.

Ogni circolo Culturale e ogni Coro delle Valli dovrebbero preoccuparsi di promuovere conferenze, dibattiti, aggiornamenti sul canto popolare tradizionale per una conoscenza sempre più approfondita attraverso un vero studio a livello popolare su questo che dovrebbe essere considerato da tutti un documento storico al quale riferirsi anche per una precisa propria identificazione attuale.

Bisognerebbe inoltre mettere a disposizione pubblicazioni, ciclostilati, tutto allo scopo di raggiungere, "educando", il maggior numero di persone, per arrivare a un rigetto della musica consumistica e a un ritorno alla comprensione e al godimento del nostro repertorio musicale tradizionale nella pratica oltre che nell'ascolto.
Nino Specogna

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