Legge sulle cave, «comuni espropriati della gestione del loro territorio»

Brandolin: c'è il rischio che tutto passi sopra la testa dei sindaci

Nel 2007 ci fu la richiesta di apertura di una cava di pietra piasentina a Cedermas, in comune di Pulfero.
Avrebbe rappresentato un nuovo sfregio al territorio delle Valli del Natisone, già costellato da numerose ferite infertegli dai cavatori.
Il consiglio comunale, sollecitato dall'azione del comitato «Difendiamo il Craguenza» che raccolse 1236 firme, all'unanimità diede parere negativo e la cava non si fece.
Ora, però, l'opposizione degli enti locali non sarebbe più possibile, in quanto la decisione sulla concessione di nuove attività estrattive spetta alla Regione.

Il Consiglio regionale lo scorso 4 maggio ha approvato, infatti, la nuova normativa.
Gli schieramenti hanno votato compatti: centrodestra a favore, centrosinistra contrario.
È rientrato, quindi, il dissenso della Lega Nord, che lo scorso marzo, assieme alle opposizioni, aveva rifiutato la volontà di passare sopra la testa dei sindaci e delle amministrazioni locali.

«I comuni sono stati espropriati della titolarità della gestione del loro territorio, laddove si dice che le autorizzazioni possono essere date anche contrariamente a quanto previsto dal piano regolatore comunale.
C'è il rischio che un comune si ritrovi una cava in casa senza sapere niente»,
ha tuonato il relatore di minoranza, Giorgio Brandolin (Pd), che ha sottolineato pure
«l'incoerenza» della Lega Nord. Anche Stefano Pustetto (Sel) ha evidenziato che «la legge in vigore aveva un suo perché, questa ha delle forzature e degli eccessi».

Alessandro Colautti (Pdl) ha sostenuto, invece, che la nuova normativa «permette di uscire da una fase di anarchia, in cui non c'è una visione d'insieme.
Non si può lasciare al comune un diritto d'arbitrio».

Non è dello stesso avviso Alessandro Corazza (Idv).
«Sei mesi di continui rimandi -— ha dichiarato — che hanno dato tempo a chi ha interessi nel settore di fare quegli affari e compravendite, denunciate durante la lunga discussione in Consiglio regionale, che marchiano l'entrata in vigore di questa legge come una brutta pagina per la politica regionale, oggetto di spartizioni di un mercato ancora poco aperto. Si sarebbe dovuto mettere la tutela dell'ambiente davanti al “partito dei cavatori”, che trova supporter trasversalmente nei due maggiori partiti di maggioranza e opposizione, che in Italia fa enormi guadagni da concessioni che non fanno rientrare nelle casse pubbliche più del 4% del profitto: uno sfruttamento dell'ambiente non sostenibile».

In ogni caso le norme approvate sono transitorie.
La regolamentazione sull'apertura di nuove cave sarà compito del Piano regionale per le attività estrattive.
Brandolin ha scommesso, però, che esso «non vedrà la luce durante il mandato di questo consiglio».
Colautti, si è detto certo, invece, che il piano «sarà approvato entro un anno o, comunque, entro la fine della legislatura», dunque entro la primavera 2013.

Nelle Valli del Natisone l'approvazione della nuova normativa suscita grande preoccupazione.
Si teme l'apertura di nuove cave, con nuovi danni al territorio e senza alcun vantaggio per la popolazione locale.
L'attività delle cave, infatti, contrariamente a quanto si possa pensare, non ha portato nelle valli del Natisone nessun tipo di guadagno. Non crea nuovo lavoro in quanto molto materiale viene usato per la costruzione di scogliere a rinforzo degli argini dei fiumi per il quale non c'è bisogno di un particolare lavoro di modellatura, senza contare che di solito le imprese che si occupano delle estrazioni portano spesso con sé gli operai, non coinvolgendo minimamente la forza lavoro della zona.
Inoltre, nonostante i comuni ricevano un compenso in denaro da queste imprese, la somma spesso non è nemmeno sufficiente per sistemare le strade danneggiate dal transito dei camion carichi di pietra.
Autore: R. D. DOM n.9 - 2011
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