Lingua Materna, Democrazia e Sviluppo

Convegno:
Le esperienze del Trentino, della Valle d’Aosta, della Val d’Aran (Catalogna) e della Slavia friulana a confronto

26 e 27 ottobre 2012 - San Pietro al Natisone

Sala consiliare



Venerdì 26 ottobre

Ore 16,30 - Saluto delle Autorità e presentazione del convegno Ore 17,15 - Relazione introduttiva: Identità, motore democratico dello sviluppo
Aurelì Argemì i Roca, presidente emerito del Centre International Escarré per a las minorias etnicas y National (Ciemen), Barcellona

Ore 18,00 - L’insegnamento delle lingue ladina, cimbra e mochena nella provincia autonoma di Trento
Roberta Dellantonio, OLFED, Progetto immersione linguistica ladino-italiano
Fabio Chiocchetti, Direttore Istituto Ladino
Virgilio Iori, Coordinatore Ofize Ladin Formazion Enrescida Didatica
Discussione ed approfondimenti

Sabato 27 ottobre

Ore 9,30 - La formazione degli insegnanti di francoprovenzale in Valle d’Aosta Guido
Corniolo, Segretario Generale del Syndicat Autonome Valdotain des Travailleurs (SAVT)
Alessia Démé, Segretaria del SAVT – Scuola, insegnante
Discussione ed approfondimenti

Ore 11,15 - L’aranese, lingua propria e lingua ufficiale:le tappe di una conquista democratica
Jusèp Lois Sans Socasau, Cap de Politica Linguistica, Conselh Generau d’Aran
Discussione ed approfondimenti
Ore 12,30 - Sospensione dei lavori

15,00 Ore L’insegnamento del nedisko nelle valli del Natisone
Nadia Cucovaz, Franca Qualizza, Michela Gus, Anna Bernich; insegnanti
Discussione ed approfondimenti

Ore 16,00 - Presentazione della Gramatika e del Besednjak del nedisko
Enrico Bonessa, storico
Nino Specogna, l’autore
Discussione ed approfondimenti

Ore 17.30 - Strategie per la valorizzazione del nedisko, quale motore dello sviluppo della Slavia nell’Europa delle diversità
Ferruccio Clavora, presidente Istituto Slavia Viva

Ore 18.00 - Conclusioni del convegno Tiziano Manzini, Sindaco del Comune di San Pietro al Natisone

Convegno: Democrazia, sviluppo e lingua madre

La consolidata dialettica sul rapporto tra lingua nazionale ed espressione linguistica locale ha, per lunghi decenni, frenato lo sviluppo di una efficace didattica che tenesse conto, ovviamente, delle prospettive socio-politiche generali ma non dimenticasse - anzi, privilegiasse - il tradizionale e specifico contesto identitario locale e soprattutto le esigenze educative e di crescita equilibrata delle giovanni generazioni. Anche l’evoluzione legislativa in materia di tutela della minoranza nazionale slovena in Italia non ha tenuto conto dei delicati equilibri psico-sociali esistenti in seno alla comunità della Slavia, determinati dalla presenza di sensibilità identitarie diversificate se non contrappposte, troppo spesso ideologicamente condizionate. E’ così che la “forza cogente delle Istituzioni” ha operato, prima nel senso di una assoluta italianizzazione linguistica e poi, a scopo quasi raggiunto, in un repentino capovolgimento dell’indirizzo politico, assimilando i cittadini della Slavia alla minoranza nazionale slovena di Trieste e Gorizia. Queste scelte, sempre calate dall’alto, e non sempre operate in funzione degli interessi reali e del comune sentire dei cittadini della Slavia, non hanno consentito l’avvio, in loco, di virtuose convergenze culturali e politico-programmatiche. La scuola rappresenta, oggi ancora, il paradigma di tale situazione.

Affermando sia il diritto all’esistenza dei vari livelli di coscienza identitaria, considerandoli non conflittuali, bensì complementari, presenti nell’ambito della comunità della Slavia che la necessità di individuare innovativi modelli di autogoverno istituzionale, si ritiene che l’iniziativa di studio ed approfondimento sul rapporto tra lingue nazionali e parlate locali, con particolare attenzione alla situazione scolastica ed ai riflessi istituzionali di una tale prospettiva, possa fornire qualificati elementi di valutazione sull’ importanza dell’identità nei processi di sviluppo socioecomomico considerando la diversità culturale e linguistica una risorsa. Gli articoli 2, comma 3 e 22 della L.R. 26 del 2007 vanno interpretati come un primo, timido, ma significativo riconoscimento della neccesità di non sacrificare le effettive conoscenze linguistiche esistenti in loco, per valorizzarle anche nella prospettiva dello sviluppo di ulteriori competenze pur slegate dalle precise condizioni identitarie presenti sul territorio.

Inoltre, in altre realtà (vedi il Trentino), si sta concretamente operando per la salvaguardia e la valorizzazione dei specifici patrimoni linguistici locali (mocheni, cimbri, ladini) con siginificative iniziative, anche di formazione linguistica.

Dall’approfondimento di queste consolidate esperienze potranno essere tratti utilissimi insegnamenti quale punto di partenza per una necesaria riflessione, propedeutica alla elaborazione sia di un modello pedagogico che di un assetto istituzionale applicabile anche alla Slavia.

Si tratta, quindi, di un progetto che offre l’opportunità di un serio approfondimento dei rapporti psicologici, culturali, linguistici, didattici ed identitari che si sviluppano nelle comunità di riferimento tra lingue nazionali (nel nostro caso, l’italiano e lo sloveno) e la lingua locale (nel nostro caso, il “nedisko-natisoniano”). Il confronto che si propone di fare, con l’aiuto di qualificatissimi esperti del settore, è con alcune realtà europee all’avanguardia in questa materia: la Valle d’Aosta con il rapporto tra le lingue nazionali (italiano e francese) e la lingua locale (francoprovenzale) ed una “comarca” particolare della Catalogna dove si confrontano le lingue nazionali (spagnolo e catalano) e la lingua locale (aranese). Per quanto riguarda invece la valorizzazione del patrimono linguistico locale si farà riferimento alle esperienze relative al ladino, al cimbro ed alla lingua mochena in atto in Trentino.

Il patrimonio di informazioni, conoscenze ed esperienze che scaturirà da tale analisi comparativa sarà certamente utilizzabile nella definizione di un modello di offerta lingüístico-culturale adeguato ai nostri territori.

Il Convegno, della durata di una giornata e mezza coinvolgerà, nella sua prima parte, soprattutto dirigenti scolastici, insegnanti, rappresentanze sindacali della scuola, genitori e studenti mentre, nella seconda parte, saranno gli amministratori locali (comunali, provinciali e regionali) e la più vasta opinione pubblica ad essere coinvolta.
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