Lintver


Critica a “Lintver”
(Dipinto su muro ,casa Slaidar, Sottovernassino)
Il Lintver era la figurazione fisica delle energie che uniscono i Mondi, l’unione fra “realtà” opposte e contrastanti: narrano infatti le Pravce (storie) che questo animale fantastico era solito saltare o volare da una valle all’altra in una chiara allegoria del suo ruolo di congiungimento, collegamento ed incontro. Come molte altre immagini e concezioni pagane, vive nella quotidianità del popolo ma che furono traslate con connotazioni negative all’interno del cristianesimo, anche il Lintver assunse un’accezione trasgressiva, malefica e “demoniaca” (si veda, ad es. San Giorgio e il drago); nella maggior parte delle culture i draghi vengono considerati elementi di unione tra cielo (esseri alati o piumati) e terra (rettili) e sono rappresentati come creature benevole che abitano le grotte, i laghi ed il centro della terra. Antichi simboli di protezione, coraggio e ricchezza i draghi raffiguravano il potere degli elementi, in particolare quello della Terra, ma anche il tesoro del subconscio. La presenza del drago in moltissime culture fa supporre che la sua immagine emerga dall’inconscio collettivo, che conserva la memoria degli animali preistorici.
Qui il Lintver é raffigurato nella sua forma più classica: testa felina (non è chiaro di che specie, per cui si è optato per una forma antica), corpo da rettile con quattro zampe e, secondo i più, con un paio d’ali, capo crestato e con una non meglio definita “fonte luminosa” al centro della fronte.
Il suo corpo è pronto, scattante, selvaggio, anela alla Luna, alla Donna, all’amplesso fecondatore, alla libertà dei sensi, lontano dalle convenzioni delle religioni patriarcali.
La pietra, il cristallo (nella tradizione la luce) che si evidenzia sulla fronte di questo animale mitologico ha forma pentacolare: questa figura, contrariamente all’attuale credo che la vede come simbolo del demonio, era un segno della Dea Madre e si ricollega alle filosofie, soprattutto orientali, che individuano nel terzo occhio lo strumento principe per guardare oltre il visibile, nell’intimo dell’animo umano, e per scrutare la natura e le sue forme, oltre la materia ed i confini entro i quali la scienza moderna ci ha relegati.
La coda disegna un’alfa, metafora dell’inizio di tutto, dell’ancestralità e dell’arcaico.
E’ in posa su di una lastra di roccia con iscrizioni e simboli neolitici (èra in cui il culto della Dea Madre si sviluppò e crebbe maggiormente) a raffigurare l’unione fra le Dee: la Terra ( ad es. Gaia, la Dea attraverso cui gli antichi Greci onoravano la Terra, Ostra presso gli Slavi) e la Luna (Selene e Artemide nell’Antica Grecia, Iside per la mitologia egizia, Arianrhod delle leggende nordiche). La Luna è stata “conquistata” dall’uomo tecnologico e quindi è un elemento di unione tra passato e futuro, tra antico e moderno, in cui il Lintver costituisce il presente, lo spirito guida.
I simboli neolitici riprodotti sulla roccia rappresentano spirali (metafore della ciclicità universale e raffigurazioni del cosmo), chevron (la V, simbolo sessuale femminile) e losanghe (doppio chevron, raddoppiamento della vita e rappresentazione della Dea Madre), simboli serpentiformi (legati ai cicli stagionali) e mani rosse (colore della vita) e nere (fertilità) unite da una rete.
La pietra è massiccia, granitica e inamovibile, come lo è il passato che non si può cambiare né cancellare e prima o poi riemerge con tutta la sua forza.
Fa da sfondo lo spazio siderale con le costellazioni visibili in Primavera, quando tutto rinasce; questo concetto è alla base delle antiche religioni, fondate sull’amore per ciò che ci circonda e sull’idea di rinnovamento e ciclicità della vita e non sulla paura dell’ira di Dei vendicatori e capricciosi , tipica delle religioni patriercali. Le stesse linee che collegano le costellazioni ricordano un po’ i circuiti elettronici, in una ricerca di fusione ideale ed estetica tra misticismo e materialismo, tecnica e spirito, realtà e magia.
Il movimento delle stelle e la fase lunare ci ricordano quindi il ciclo della vita, la caducità dell’esistenza, l’ineluttabilità della morte, ma anche, importantissimo, il ciclo femminile, annunciatore di fertilità e garanzia di continuità.
L’opera vuole inoltre rappresentare il tempo e il sogno, la coscienza intesa come pensiero ed azione liberi da ogni inutile moralismo, tipica delle persone che, compiuto un certo viaggio spirituale, raggiungono l’illuminazione, diventano “sacre”, indipendentemente dal Credo professato.
Vuole essere un messaggio di speranza nella saggezza di chi sente il bisogno di domandarsi chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, che sa guardare anche indietro per vedere i propri errori, talvolta anche terribili, come gli eccidi di massa perpetrati nei secoli per motivi religiosi, razziali, politici; speranza nei giovani, nella forza della cultura, nella dignità; un messaggio di rispetto per i diversi, per chi la pensa in un altro modo, per le altrui esperienze, per la sofferenza e per lo spirito.
Fabrizio Podorieszach
con la gentile collaborazione della
Dott.ssa A. Remondini
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