Significati del nostro carnevale

Tentiamo di dare un significato ad alcune figure del nostro carnevale.
Certamente sono solo supposizioni le nostre, avvalorate però da un ragionamento logico.
Tentare di capire un momento così interessante della nostra cultura, pensiamo sia importante.

Paganesimo e cristianesimo

Gli slavi in genere e quelli delle Valli del Natisone in particolare, erano pervasi da profondi sentimenti pagani, che si materializzavano nella cultura, nelle abitudini, nelle credenze, nei rapporti sociali.

Al momento della loro conversione al cristianesimo (cattolicesimo), la chiesa romana indirizzò con successo questi sentimenti pagani verso la fede cristiana, mantenendo, in pratica, inalterate o quasi tutte le pratiche pagane, cambiandone naturalmente il significato.

Dovremmo dire: "quasi tutte"; perchè, ad esempio, per quanto riguarda il carnevale la gerarchia ecclesiastica nemmeno tentò di cristianizzarlo, probabilmente per la difficoltà di rivestirlo di un significato cristiano. Per questo motivo il carnevale rimase a lungo, diciamo fino al dopoguerra avanzato, in pratica un rito pagano. Non solo il carnevale.
Del ballo si potrebbe dire la stessa cosa.
Sia carnevale che ballo, infatti, erano oggetto della confessione.
Il che dimostra come anche nel subconscio dei fedeli questi riti erano considerati estranei ai costumi religiosi cristiani, anzi, proprio per l'avversione dei sacerdoti nei loro confronti, addirittura peccaminosi.

Il significato del carnevale

Il carnevale, temporalmente situato non a caso all'inizio della primavera e immediatamente prima del tempo cristiano di quaresima, rappresentava l'antitesi fra
il buono e il cattivo,
il bello e il brutto,
il pulito e lo sporco,
il nuovo e il vecchio.

E come sintesi di questa antitesi si pone in maniera essenziale, sempre parlando di carnevale, quella del
divino - diabolico,
in cui sicuramente predominante è la figura del diavolo.

Sarebbe veramente errato pensare che, essendo predominante la figura del diavolo, si volesse preferire il cattivo al buono, il brutto al bello, lo sporco al pulito, il vecchio al nuovo e, naturalmente, il diabolico al divino.

Al contrario!

Il Pust, maschera tradizionale

Il Pust
Il Pust
La maschera tradizionale delle Valli del Natisone per eccellenza, è, come ben sappiamo, il Pust.
E il Pust rappresenta in pratica proprio il diavolo:

con i suoi colori:
molto marcati, contrastanti, col rosso prevalente;
anche la faccia del pust è di solito dipinta di rosso e di nero;

con il suo comportamento:
il pust con le tenaglie allungabili disturba la gente, le ragazze in particolare,
spaventa i bambini e gli animali con i campanacci,
sporca tutto specie nelle case e ancor più i vestiti delle ragazze con la sua calza piena di cenere;

è autonomo nei movimenti;
infatti, si sposta da solo, correndo per tutto il paese, annunciando l'arrivo del carnevale.

Perchè questo bisogno di raffigurare il diavolo, nonostante esso rappresenti il cattivo, il brutto, lo sporco, il vecchio, il diabolico?

Il significato della maschera del Pust

Probabilmente nell'immaginario collettivo la rappresentazione del diavolo serviva soprattutto ad esorcizzarlo:
faceva disastri, è vero, ma tutto si fermava lì;
il suo potere veniva riconosciuto
ma reso innocuo in questo modo ingegnoso.

Il diavolo e l'arcangelo S. Michele

Il diavolo e S. Michele
Il diavolo e S. Michele
Probabilmente il diavolo e l'arcangelo S. Michele sono figure collegate al discorso di cui sopra, ma portatrici anche di un nuovo significato.

La gente sapeva dell'avversione dei preti verso il carnevale, senza però capirne il perchè, senza sapersene dare una spiegazione.
Per deridere quest'avversione e per vendicarsi di questo loro comportamento qualcuno ha inventato questa bella macchietta fingendo di dare loro un contentino:
l'angelo, infatti, tiene sotto controllo e frena il diavolo.

In fondo però è davvero una presa in giro:
perchè l'angelo fa solo finta di frenare il diavolo, il quale, invece,
butta tutto sottosopra, fa dispetti anche spiacevoli, infastidisce tutti,
sotto gli occhi dell'angelo che ride, che finge di trattenerlo, che non fa a meno di mollarlo nei momenti più cruciali.

In fondo in questo modo si incolpa i preti non solo di non capire niente del carnevale ma, peggio, anche di non saper esorcizzare il diavolo.

Invito al rinnovamento

Il fatto poi di buttare tutto sottosopra o di sporcare, caratteristica essenziale del diavolo legato alla catena di S. Michele, è in pratica un invito al rinnovamento.
Tutti gli anni, di solito la settimana santa, si facevano le pulizie:
in particolare si inbiancava ogni anno la cucina tutta affumicata dal fuoco invernale,
si lustravano le suppellettili,
si esponevano all'aria i vestiti.
Se qualcuno non avesse avuto voglia di farlo, ci pensava il pust e il diavolo ad obbligarlo.

Il vescovo benedicente

Il vescovo
Il vescovo
Altra figura caratteristica del carnevale delle Valli è il vescovo vestito con paramenti solenni e benedicente.
Anche questa figura potrebbe essere ricollegata al discorso di cui sopra.

La gente, i "pustinanti", sentiva nel subconscio il bisogno di una approvazione anche ecclesistica al proprio operato.
L'avversione della "chiesa" dava, sempre a livello di subconscio, fastidio.
Ecco superato questo momento dalla figura del vescovo che solennemente benedice il Pust e tutti i partecipanti, curiosi compresi.
E naturalmente la figura del vescovo benedicente acquisiva anche un significato di derisione, di dispetto, di ripicca, quasi di vendetta nei confronti del comportamento tanto miope della gerarchia ecclesiastica.
Nino Specogna
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