Cittadini italiani di lingua slovena

Di quale lingua slovena, prego!?
Ultimamente ho letto su un settimanale che il nostro territorio è abitato da "cittadini italiani di lingua slovena". Penso che nessuno, proprio nessuno, contrariamente a quanto l'articolista asserisce, ha mai paventato di perdere la propria cittadinanza, se non durante i primi mesi dopo il termine della seconda guerra mondiale.
Tutti, anche i bambini, sono consapevoli che solo una terza guerra mondiale potrebbe modificare i confini attuali.
Allora smettiamo finalmente da una parte e dall'altra di rimestare lo spauracchio della perdita della cittadinanza o dell'acquisizione di una nuova, che ci piaccia o che non ci piaccia quella che ci è stata appioppata.

Depositato nel salvadanaio, con pace di tutti, un ovvio punto fermo, rivolgiamoci al secondo punto: "di lingua slovena".
Premetto che scrivo sotto un impulso tanto irrefrenabile quanto irrazionale, nel senso che le mie parole saranno perfettamente inutili, in quanto non cambieranno un "et" nella testa di nessuno.
Però l'impulso è troppo forte!

Ho già affrontato altre volte il problema dei termini: "lingua slovena".
L'articolista se la prende con quelli (sarebbe interessante sapere chi sono; intanto però sappiamo che, a detta dell'articolista stesso, sono in tanti) che non hanno ancora acquisito nemmeno "alcune minime nozioni" circa il termine "nazionalità".

Non sono assolutamente d'accordo!!!

La nostra gente (parlo degli abitanti delle Valli) sa assolutamente di possedere una nazionalità specifica, contrassegnata da una cultura e da una lingua specifiche, cultura e lingua con una storia millenaria, una storia anche politica oltre che culturale.
Bisognerà ficcarsi una buona volta in testa che la gente delle Valli si identifica in questa cultura e in questa lingua, certamente di matrice slovena e l'una e l'altra.

Bisognerà anche, da un punto di vista scientifico, iniziare a studiare cosa significa "cultura contadina" e soprattutto iniziare a rispettare questa cultura contadina, se si vuol arrivare a un "rispetto reciproco".
Perchè questa cultura contadina delle Valli del Natisone non è mai stata presa in considerazione, anzi è stata sempre SNOBBATA da tutti i nostri uomini di cultura nel passato e nel presente a cominciare da mons. Ivan Trinko.
Senza fargliene una colpa, per carità: è stata una sua scelta, probabilmente dettata anche da una grande ignoranza (non conoscenza; da ignorare, per intenderci) proprio delle caratteristiche delle culture contadine, almeno se la sua è stata una scelta culturale e non politica. Pertanto non era opportuno che l'articolista, se davvero "non voleva indurre in tentazione" qualcuno, scrivesse piuttosto: "abitato da cittadini italiani di lingua (o qualsiasi termine simile, se "lingua" turba i sonni di qualcuno) nediška?

Perchè questo è il pomo della discordia!

Forse dimentichiamo o sottovalutiamo o ignoriamo più o meno interessatamente che la "nostra" cultura, la "nostra" lingua, nelle quali la nostra gente si identifica, solo esse possono permettere di allargare la visuale oltre i confini politici, i quali (non continuiamo a strombazzare stupidaggini) purtroppo rimarranno anche in Europa, come "očitno" rimangono per tutte le nazioni che ne fanno già parte, che ci piaccia o no.

E non mi si venga a dire che la mia è una posizione di emarginazione, di ghetto.
Nel ghetto si è, appena ci si mette contro la gente e la si incolpa di ignoranza solo perchè non condivide le nostre idee, magari tardo-romantiche.

Non mi si dica nemmeno che la cultura contadina è scomparsa.
Non è scomparsa:
è diventata la NOSTRA CULTURA.
Della quale siamo ben lungi dal vergognarci o dal soffrire per colpa di essa complessi di inferiorità.
Altro luogo comune questo, balzato fuori da chi sa quale testa balzana o da attribuire a chi non si accontenta della propria lingua.
Nè, infine, si insinui che questa cultura è in disarmo, moribonda o magari già morta.
Perchè essa sopravviverà a tutti noi!

E le cartelle bi o trilingue?
Sarebbe sempre ora!
Anzi, se dipendesse da me, le scriverei "samuo po našin", scegliendo il termine col quale la gente che vi abita chiama il paese, senza bisogno di nessun esperto. Se la gente che abita sulle sponde del Natisone dice "Nediža", "Nediža" deve essere e non "Nadiža", per esempio!

Perchè quando vedo scritto "Zapatocco", mi vien la pelle d'oca!

"Date a Cesare quello che è di Cesare... ", con quel che segue.
Nino Specogna
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