Discorso storico di Mons. Battisti al DAN EMIGRANTA del 1977

Gli anni passano, come del resto le persone! Le idee restano, specie quando sono dettate, come quelle dell'Arcivescovo di Udine Mons. Alfredo Battisti, dal senso della giustizia, dell'amore, della fratellanza, della riparazione. Critichiamo pure la "chiesa" (meglio sarebbe dire "la gerarchia ecclesiastica) per le sue tante scelte storiche sbagliate, però come non lodarla dinnanzi a questa scelta, che rimarrà per sempre nella nostra storia.


1977 - Giornata dell'Emigrante

Saluto la gloriosa comunità di Cividale chiamata da secoli a favorire un armonioso incontro di storia e di cultura friulana e slovena che arricchiscono questa terra.

Con gioia e riconoscenza ho accolto l'invito dei Circoli Culturali di partecipare alla vostra "Giornata dell'emigrante", diventata per voi una cara tradizione. Sono lieto di incontrarmi con un numero così grande di abitanti delle Valli di cultura slovena. Da fratello, da amico, da Vescovo vi dico: Fratelli emigranti, conosco le vostre sofferenze, i timori, le attese, le speranze. Il tema della Giornata dell'emigrante del 1974 era "L'emigrato, una provocazione per la giustizia".

Vorrei poter ascoltare la vostra storia, guardarvi negli occhi uno per uno, stringervi la mano, portare via il peso della vostra Croce.

Alla sofferenza dell'emigrazione si aggiunge questa volta la terribile prova del terremoto che ha così duramente colpito nel Friuli anche la vostra comunità. Sono passato per i vostri paesi, rovinati dal sisma, per incontrare sacerdoti e popolazione e portare una parola di conforto e di speranza. Continuerò a pellegrinare di paese in paese nella fiducia, nella certezza di una rinascita rapida, rispettosa delle vostre peculiarità.

Alle Autorità statali e regionali diciamo: "Dateci una buona Legge sulla Ricostruzione e vedrete questo popolo in piedi, muoversi per la risurrezione di questa terra".

Alle comunità cristiane del Friuli non colpito non cessiamo di raccomandare di sentire come proprio il dolore dei terremotati, di star loro vicini sotto la forza, la tirannia dell'amore.

Mi è caro l'incontro anche perché posso ribadire il mio pensiero circa la custodia, la conservazione della vostra identità etnica, culturale, linguistica che stanno a cuore ai vostri sacerdoti ed alle vostre comunità.

In data 25 marzo 1976 abbiamo emesso un decreto con cui veniva consentito l'uso della lingua slovena nella Liturgia a giudizio pastorale dei parroci e d'intesa con le proprie comunità. Lo abbiamo fatto perché convinti che il messaggio cristiano essenzialmente universale, rivolto a tutti gli uomini e a tutto l'uomo di cui ne rivela ed orienta il destino, non ha lingue esclusive.

Gesù non ha scritto nulla, ha solo parlato e comandato agli apostoli di "attestare", "testimoniare" quanto egli ha detto, promettendo agli apostoli ed ai discepoli l'assistenza dello Spirito Santo per garantire la fedeltà della trasmissione dell'annuncio evangelico. Perciò ogni tempo, ogni popolo, ogni mentalità deve avere e "trovare" la sua "espressione" del messaggio cristiano.

La Chiesa è chiamata a inserirsi, incarnarsi nelle diverse culture di popoli che rendono vario, ricco, bello il mondo.

La Chiesa perciò è per la giustizia, la verità, la libertà dei popoli e delle culture contro ogni sfruttamento dell'uomo, contro ogni "discriminazione" razzista, culturale, linguistica, economica e sociale. Ha le braccia, il cuore aperti ad ogni persona e comunità nel rispetto e affetto a tutti i valori umani, storici, etnici che essa assume e trasfigura.

E' la consolante ribadita nel Concilio Vaticarto 2°, che in particolare, nella Liturgia si è ispirato a questo criterio: Come è normale usare la lingua locale nelle conversazioni, nella vita familiare, così è normale usare tale lingua anche nella preghiera, nel culto, nel colloquio con Dio. "L'anima deve comprendere ciò che dicono le labbra".

E' dannoso creare una frattura tra ambiente sacro e profano, tra la vita di famiglia e di chiesa. Frattura che porta a sganciare la religione dal mondo, la fede dalla vita.

In questo spirito conciliare perciò: amate la vostra lingua, cantate con essa i canti dell'anima, della fede nella casa di Dio, come con quella lingua cantate nelle case, nelle piazze, nelle osterie i vostri dolci, melanconici canti dell'amore, del dolore, della gioia.

Conosco la vostra fedeltà alla Fede cristiana espressa in un rispetto delle tradizioni religiose, nella frequenza alle funzioni liturgiche, nella sanità fisica e morale delle vostre famiglie, nella laboriosità apprezzata in Italia e all'estero.

E conosco la vostra fedeltà alla Patria di cui proprio perché lontani sentite ancora più forte il vincolo.

Siete una ricchezza per noi: Ogni comunità etnica, membro della Comunità dei popoli per diritto naturale, è un valore nonostante le sue diversità, anzi proprio per queste.

Dalla presenza di comunità etniche particolari la comunità nazionale che le accoglie e le assume riceve un grande arricchimento, quando tutto avviene in armoniosa e serena convivenza, in una comunità civile nella quale il pluralismo non è "vana parola". Perciò amate la vostra terra ed i vostri paesi, ricostruite le vostre case, le vostre chiese distrutte, ricreate il tessuto ambientale ed umano rotto o turbato dagli eventi sismici. In questo vostro amore per la vostra terra, cultura, lingua la Chiesa sarà sempre al vostro fianco perché sono alti valori umani e cristiani.

Se nel passato forse qualche volta da parte della Chiesa udinese ci fosse stato qualche atteggiamento che può essere sembrato poco comprensivo nei confronti della vostra comunità e dei vostri diritti e se qualche cristiano si è sentito lacerato nel suo intimo nel dover scegliere tra la fedeltà alla disciplina della Chiesa e la difesa dei diritti della comunità a cui appartiene, io sono qui a chiedere perdono, a rinnovarvi tutta la mia solidarietà e stima, ad assicurarvi che la vostra comunità mai sarà considerata straniera o forestiera nella famiglia diocesana.

La stessa fede cristiana ci la fratelli in Cristo, lo stesso amore alla comune Patria Italia ci fa concittadini, anche se diversi per lingua.

E' stata anzi una gloria dell'antica Chiesa madre di Aquileja stringere in profonda unità spirituale i popoli friulano, sloveno e tedesco; unità spirituale che rimane al di là, al di sopra dei confini e dei regimi politici. Questa è la grande missione della Chiesa, sacramento di unità (Concilio Vat. 2°) di tutto il genere umano.

Mi spiace di non saper usare la vostra lingua; avrei avuto piacere di potervi parlare in sloveno. Vi do però il saluto conclusivo: Globoko čujem v mojem sarcu vaše trpljenje. Muorta iti od duoma, kjer vaše doline so previč uboge. Ljubita, živita sarčno vašo kukturo in vaše navade takuo lepe in vriedne. Obdaržita vašo posebno podobo in bodita ponosni nanjo. In pokazajta usjem, kar sta in kar četa biti, takuo bota čutil blizu vaše drage žive in martve in vaša zgodovina na bo nikli umarla".
Mons. Alfredo Battisti, Arcivescovo di Udine

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