Il Klančič


E' il passo che collega il capoluogo di San Pietro al Natisone alla frazione di Clenia e alla borgata di Correda.
Ricerca di Giuseppe Firmino Marinig
Fino alla fine dell’ottocento il passo del Klančič, che era una semplice mulattiera sul versante sanpietrino ed un sentiero alquanto impervio sul lato che degrada verso le borgate di Clenia e di Correda, veniva utilizzato per il transito di tutti gli abitanti delle frazioni montane del comune di San Pietro:
Puoje, Vernassino, Costa, Podar, Cocevaro ed Altovizza.
Attraversava il Klančič pure la maggioranza degli abitanti del comune di Savogna.
Infatti era la strada più breve per raggiungere S. Pietro degli Slavi come fino al 1866 era ufficialmente chiamato S. Pietro al Natisone.

Utilizzo del Klančič

Nel 1600 e nel 1700, fino alla riforma di Napoleone sui cimiteri, esisteva un sentiero,ora ricoperto dalla vegetazione, che collegava persino Montemaggiore al capoluogo della Slavia.
La gente dei paesi posti sulle pendici del Matajur:
Pichinje, Barza, Stermizza, Losaz e, credo, anche Masseris
utilizzavano questo percorso per raggiungere San Pietro per il disbrigo di quelle che allora erano le incombenze burocratiche
- tasse generalmente -;
per partecipare alle riunioni dell’Arengo Grande;
per visitare parenti ed amici,
ma soprattutto per trasportare i morti che allora venivano seppelliti nell’unico cimitero esistente, quello che circondava la Chiesa Madre della schiavonia veneta.

La chiesa dì Sanctus Petrus de Algida

La parrocchiale dal Klancic
La parrocchiale dal Klancic
riconosciuta ufficialmente con Bolla Pontificia dal Papa Celestino III nel 1192, aveva una vasta giurisdizione che comprendeva oltre alle valli del Natisone, anche i territori della valle di Caporetto - Kobarid, fino all’attuale località di Bovec.
Questa chiesa, di cui parleremo più avanti, non esiste più; è stata demolita, infatti, nei primi anni del secolo scorso.

Dopo questo breve excursus storico riprendiamo il nostro discorso sul Klančič.

Già nel 800 prevista la realizzazione di una strada

Nella seconda metà dell’ottocento, sotto la giurisdizione del regno d’Italia, una legge nazionale dava specifici poteri ai comuni che acquistavano, così, un nuovo ruolo nella programmazione locale e, tra le incombenze loro affidate, c’era quella della costruzione di strade e il mantenimento di quelle poche allora esistenti.
Nei progetti del consiglio comunale e della giunta era prevista pure la realizzazione della strada del Klančič.
Era una priorità per molti consiglieri della valle dell’Alberone e per alcuni benestanti di San Pietro che avevano interessi in quel ambito, ma non solo.

L'acquedotto Uodica

Dalla località Uodica, sorgente posta sopra la borgata di Correda, partiva, infatti, l’acquedotto che forniva l’acqua potabile a San Pietro, per cui una viabilità era necessaria per facilitare l’ accesso ed eventuali lavori di manutenzione.

Per la cronaca, l’acquedotto della Uodica servì gli abitanti di San Pietro fino al 191 0. Allora fu dismesso, ceduto ed utilizzato per fornire acqua potabile alle frazioni di Clenia e Correda.
La cessione dell’acquedotto della Uodica fu possibile perché, nel frattempo, il comune di San Pietro aveva progettato e realizzato il nuovo acquedotto che captava l’acqua dalla sorgente Tu logu-Na klanz nelle vicinanze di Stupizza nel comune di Pulfero.
Grazie a questa concomitanza di iniziative infra-strutturali, le frazioni di Clenia e di Correda riuscirono ad essere fornite di acqua potabile con la dismissione della sorgente Uodica e soprattutto grazie al lavoro volontario na rabuote degli abitanti delle due frazioni che eseguirono gli scavi e la posa delle tubature gratuitamente.

Le sorgenti Pod Sliep e Dolina Con l’arrivo delle fontane in paese e quindi del progresso, persero la loro preminente funzione le due sorgenti del Pod-sliep e della Dolina che avevano fornito l’acqua a persone ed animali per secoli.

Cave di pietra piasentina

Nelle vicinanze del acquedotto e della sorgente Uodica c’erano pure le cave di pietra piasentina, materiale estratto e lavorato sul posto che veniva trasportato e venduto in molte località del Friuli.
L’accesso a queste cave, reso sempre più necessario, poteva essere progettato proprio sulla vecchia carrareccia che era già in funzione da anni, ma difficilmente transitabile.
La prospettata viabilità del Klančič, oltre a risolvere le esigenze della ditta Venuti che gestiva le cave, avrebbe favorito il proseguimento della strada lungo la valle e congiungere le località di Tarpezzo e di Savogna.

La strada sotto Azzida

Il dibattito in consiglio comunale fu alquanto aspro e la risoluzione finale fu quella di non fare la strada perché, nel frattempo, era sorto il problema della costruzione e della gestione della riva di Azzida, cioè del tratto di strada in salita sotto il paese che avrebbe dovuto innestarsi nella viabilità per San Leonardo.

Finalmente la strada del Klančič

L’avere abbandonato l’idea della viabilità del Klančič fu un’occasione persa allora.
Ci vollero oltre 110 anni per riprendere il progetto di quella viabilità che finalmente si iniziò a realizzare nell’anno 1982 e che si completò con la posa del manto d’asfalto nel 1991, ma solo nel tratto del passo tra Clenia e San Pietro.

Strada forestale

Nel 1995 sì realizzò, inoltre, la pista forestale che dalla località Le Querce porta al bivio di Makota, proseguendo verso Vernassino da un lato e verso Mezzana dall’altro.

I vigneti del Klančič

Tutto l’ambito, che dal Klančič prosegue verso la Uodica, era quasi completamente coltivato a vigneto nell’ottocento e nei primi decenni dello scorso secolo.
Lo dimostrano i terrazzamenti che tuttora si possono vedere sul versante che degrada verso Clenia e verso Correda.
Si raccontava che il vino, sia bianco che rosso, prodotto in quei vigneti esposti al sole del mattino e in zona costantemente ventilata, era di ottima qualità e che tutta la produzione veniva venduta agli osti ed ai ristoratori di Cividale e di Udine con alto gradimento dei loro abituali clienti.
Pertanto, nella storia della nostra terra possiamo anche vantarci di essere stati produttori viti-vinicoli con discreti risultati per quei tempi.

Bressana

Il Klančič ha avuto anche una funzione di controllo per la sua posizione strategica a cavallo tra due valli.
Per moltissimi anni gli appassionati della cattura degli uccelli l’avevano scelto come posto ideale per posizionare le loro reti, i roccoli e le caratteristiche attrezzature necessarie per quella attività, in quanto proprio la sella del passo era un punto importante di passaggio degli uccelli migratori.
Non per niente è rimasto il toponimo Bressana che tutt’oggi è comunemente usato per indicare quel luogo.

Funzione militare del Klančič


Il passo del Klančič ha avuto, nel corso della storia, pure una funzione militare, sempre motivata per la sua strategica posizione geografica e di controllo.

Nella prima guerra mondiale si tentò di arginare proprio in questo ambito l’avanzata austro-tedesca dopo la rotta di Caporetto.
I comandi militari italiani tentarono di realizzare una linea difensiva provvisoria all’entrata della valle del Natisone che collegava i monti Karcos, Barda e Mladasena.
Il tentativo, purtroppo, non ebbe successo e Cividale fu occupata il secondo giorno successivo allo sfondamento del fronte nell’Alta Valle dell’Isonzo e sul Kolovrat.

Durante gli anni 1943-1945 l’esercito fascista della Repubblica di Salò, alleato dei tedeschi e di stanza nell’istituto magistrale, costruì una serie di trincee e di mini - fortificazioni sulla cima del Roba per difendersi dagli attacchi notturni dei partigiani sloveni della Beneška Četa e del IX Korpus che quasi quotidianamente con fugaci e rapide azioni di disturbo attaccavano il presidio di San Pietro al Natisone ed anche per controllare agevolmente la valle dell’Alberone.

Una disgrazia

A guerra conclusa proprio in queste trincee trovò la morte un ragazzino di Azzida, dilaniato da una bomba abbandonata dai militari, nel mentre l’amico che lo accompagnava fu leggermente ferito.
E noto, infatti, che negli anni successivi al conflitto molto materiale bellico fu abbandonato ovunque e, per molti anni, rappresentò un grosso pericolo per la gente ed in particolare modo per i bambini, con tragiche conseguenze come quella sopra descritta.

Vallo difensivo romano

Anche gli antichi romani, consapevoli dell’importanza del luogo, realizzarono un vallo difensivo che si estendeva dal Barda alla località di Vernasso.
Testimonianze di insediamenti, presumibilmente militari, sono stati portati alla luce da studiosi in anni recenti sempre sulla dorsale sud del monte Roba.


La baita in località Bressana

Ingresso alla baita
Ingresso alla baita
L’ambito del Klančič e particolarmente la località Bressana, dove da decenni esiste una baita che, inizialmente, era una postazione per l’uccellagione, E stata, pure, luogo di ritiro per gli amanti della meditazione, della pace e della tranquillità.

L'eremita Poličanj

La baita dell'eremita (ristrutturata)
La baita dell'eremita (ristrutturata)
Ancora molti abitanti locali ricordano la presenza dell’eremita in baita. Era una persona tranquilla che, ritiratosi dalla vita conventuale, si era trasferito in località Bressana dove visse per molti anni finchè le sue capacità fisiche di autosufficienza lo permisero.
Vita solitaria del Poličanj, così veniva chiamato l’eremita, di preghiera e di meditazione.
Di tanto in tanto, ai molti momenti dedicati allo spirito, riservava una pausa che offriva al corpo e alla materia, Il Poličanj, che era originario di Polizza, paesino in comune di Stregna, era anche un cultore della grappa del Potok. L’acqua che brucia, così chiamava la grappa, dà calore e vitalità, era solito dire, soprattutto nei momenti di disagio personale, nel freddo invernale e nelle tristi giornate piovose.
Normalmente si recava personalmente a Clenia per rifornirsi del distillato dai locali produttori.
Con l’avanzare dell’età e delle malattie reumatiche richiedeva, con l’utilizzo di un corno caratteristico o con un potente megafono di cui era dotato, che qualcuno gli portasse, fino in baita, l’acqua che brucia.
L’eremita, comunque, era un soggetto autosufficiente, allevava molti animali domestici: galline, tacchini, oche, capre e produceva svariate qualità di frutta: mele, pere, ciliege, susine.
Era molto cordiale ed affabile con i bambini che spesso andavano a trovarlo, soprattutto al rientro dalla lezione di catechismo.
Offriva loro frutta e li lasciava giocare nel giardino di fronte alla baita.
Ogni domenica scendeva in Clenia per assistere alla celebrazione della Messa e a familiarizzare con la gente.

Gusto Marzolini

Un’altra figura singolare che visse in baita fino a pochi anni fa, era Gusto Marzolini, ex-ferroviere in pensione, cacciatore, musicista, persona simpatica e molto affabile.
Ristrutturò la baita, la ampliò e la fornì di acqua potabile, allacciandosi alla sorgente Uodica che, nel frattempo, era stata dismessa pure dagli utenti di Clenia e Correda, i quali, a loro volta, venivano riforniti da un nuovo acquedotto che captava la sorgente di Cocevaro e da un allacciamento alla rete principale di distribuzione dell’Acquedotto del Friuli Centrale, realizzato negli anni successivi agli eventi sismici del maggio settembre 1976.

Quanto sopra descritto ha molti riferimenti storici basati su elementi concreti che danno il senso dell’importanza del passo del Klančič nel corso dei secoli.

Due leggende sul Klančič

Quello che andrò a descrivere qui di seguito sono solo alcune leggende e racconti tramandati nel corso degli anni dalle nonne ai figli e nipoti e che facevano parte del bagaglio narrativo delle famiglie nei paesi della Slavia friulana.
Sono leggende che da bambino mi venivano raccontate dalla nonna durante le fredde notti invernali.

Il lascito della ricca nobildonna di S. Pietro

La nonna, già avanti negli anni e tormentata da forti malanni reumatici, non riusciva a prendere sonno per cui cercava di far scorrere il tempo raccontandomi fatti o storie che aveva appreso da bambina.
Due di questi racconti riguardavano proprio il Klančič e il suo ambito territoriale.

L’argomento del primo racconto si riferiva alla prevista costruzione di un santuario sulla sommità del monte Roba.

Si tramandava da tempo memorabile che una ricca nobildonna di S. Pietro avesse lasciato alla parrocchia un’ ingente somma di danaro affinché si realizzasse sul Roba una grande chiesa dedicata alla Madonna con una scalinata in pietra che la collegasse con il fondo valle e il paese.
La parrocchia aveva accettato la donazione; aveva, pure, acquistato una minima parte del materiale edilizio sabbia e pietre depositandolo provvisoriamente ai piedi del passo del Klančič e dietro il muro di cinta del cimitero che, allora, circondava la vecchia chiesa.
Il parroco e il consiglio avevano, pure, promesso tempi stretti per l’inizio dei lavori ed il massimo impegno nel reperire le maestranze e la disponibilità del lavoro volontario na rabuote; ma l’avvio dei lavori tardava.

Erano trascorsi, così, degli anni e nessuno si era più preoccupato alla posa della prima pietra del santuario che era stato promesso alla nobildonna in punto di morte.
Una promessa non mantenuta diventava un’azione grave se fatta ad un moribondo, ancora più grave se dimenticata.
Così, infatti, accadde.
Il materiale edile ammucchiato, ormai coperto dall’erba e dai rovi, si stava degradando ed assottigliando e della costruzione del santuario nessun segnale d’ inizio dei lavori.
Correva voce che il parroco ed alcuni suoi amici di S. Pietro non avessero più l’intenzione di rispettare le ultime volontà della defunta contessa e di utilizzare diversamente la donazione.

L’anima della nobildonna, intanto, vagava inquieta nell’aldilà in attesa che il voto, fatto alla Madonna, di costruirle una chiesa, venisse esaudito.
Solo così, poteva sperare nella remissione dei peccati e raggiungere l’eterna beatitudine. Tutta la responsabilità di siffatta situazione era, pertanto, da attribuirsi al parroco che non aveva rispettato la promessa.
L’anima vagante e dolente della nobildonna decise alla fine dì presentarsi al parroco per chiedere conto della grave inadempienza.
L’ anima, infatti, si presentò al sacerdote nel sonno in una notte buia, resa ancora più spaventosa dallo scrosciare violento della pioggia accompagnata dal bagliore dei lampi, dal fragore dei tuoni e da rabbiose raffiche di vento.
Chiese al tremolante prete perché non avesse mantenuto l’impegno assunto e, di seguito, con voce ferma e dura, promise che quotidianamente si sarebbe rivelata sotto la sembianza di un animale orribile fin tanto che il santuario alla Madonna non fosse costruito sulla cima del monte Roba.

E così accadde per tutti i giorni e mesi successivi.
Al povero parroco, ogni qualvolta si recava nei pressi del materiale edile accatastato per la costruzione della nuova chiesa, tra i sassi e dalla sabbia coperta di rovi sbucava una bestia spaventosa che vomitava lingue di fuoco contro di lui.
Era un animale mai visto prima d’allora nelle valli, somigliava ad un rettile: era lungo oltre un metro,la testa era quella di un gatto, fortemente schiacciata; la prima parte del corpo era pelosa e la rimanente era squamosa come quella di un pesce.
La parte del corpo che si prestava al movimento era puntellata da decine di zampe retrattili utili per la presa.
La lingua lunga e retrattile era triforcuta, utilizzata per la difesa e per l’attacco.
Nel suo complesso l’animale aveva anche caratteristiche e sembianze umane.
La gente, che vedeva in questa apparizione il castigo del cielo per la promessa non mantenuta, o chiamò Lintver, il vendicatore.

Le apparizioni del Lintver continuarono fino a quando il parroco e tutti coloro che erano coinvolti nel tentativo di truffa nei confronti della nobildonna benefattrice volevano infatti appropriarsi del lascito non decisero di costruire una nuova chiesa nel capoluogo della Slavia.

Non costruirono il santuario sul monte Roba, come era nelle speranze e nei voti della donatrice, in quanto il deprezzamento del danaro non lo permetteva più, ma una chiesa ai piedi del passo del Klančič.

L’edificio realizzato è l’attuale chiesa parrocchiale dei S.S. Pietro e Paolo che venne edificato proprio sul terreno del vecchio cimitero di cui ho accennato sopra.
Costruendo la nuova Casa del Signore i sampietrini demolirono, però, quella vecchia chiesa foraniale che era tutto uno e parte integrante con l’attuale campanile, distruggendo di fatto un grande patrimonio architettonico, artistico e culturale unitamente alla memoria storica della comunità linguistica e religiosa.

La piccola cappella del Klančič


Interno della cappella
Interno della cappella
Anche la piccola cappella sul Klančič ha una storia che affonda nella fantasia popolare.
La tradizione popolare, infatti, ci tramanda una leggenda che narra l’origine dell'ancona sul Klančič che inizia con il racconto di due ex militari di ventura che, pernottando in una trattoria di S. Pietro, fanno sapere all’oste di essere diretti in un posto nelle valli del Natisone dove avevano seppellito, tempo addietro, un tesoro razziato durante la loro ultima campagna militare, chiedendogli di indicare loro cortesemente la via più breve e facile per raggiungere la località.

Dalla descrizione alquanto particolareggiata della località, l’oste intuisce la dislocazione del posto di cui trattasi, asserendo falsamente, però, di non essere in grado di fornire indicazioni precise ai due ospiti, essendo un residente del luogo da pochi anni e non un nativo.
Dopo cena i due ex militari di ventura, anche in previsione della fatica che avrebbero dovuto sostenere l’indomani mattina, si ritirano nella loro camera, augurando buona notte.
Anche l’oste chiude l’ambiente e si ritira apparentemente nella sua camera. In realtà il gestore della trattoria non entra nel letto, ma aiutato dalla moglie che era stata messa al corrente del racconto, si riveste e si attrezza per una lunga camminata notturna.
Dopo una mezz’ora, circa, quando il silenzio è totale e gli ospiti sicuramente dormono perché si sente il loro profondo russare, esce quasi furtivamente di casa, prendendo il sentiero del Klančič e dirigendosi verso la piccola chiesetta di S. Lucia posta sopra il borgo di Brizza superiore nella valle di Savogna.
Camminando per alcune ore nel buio della notte raggiunge finalmente la località indicatagli dai due sprovveduti ed ingenui clienti dell’osteria.
Incomincia subito a scavare presso il muro di cinta nei pressi dell’entrata alla chiesa, dopo avere rimosso e spostato la pietra di riferimento.
Trova, infatti, ad una profondità di mezzo metro circa, una cassa che rapidamente estrae, la apre e ne verifica il contenuto.
Con grande sua sorpresa la cassetta conteneva veramente un tesoro di monete d’argento e d’oro con alcuni monili molto preziosi.
Con la massima cura l’oste ricopre il buco che ha contenuto la cassetta, rassettando la terra smossa e dopo aver rimesso al proprio posto la pietra, riprende la strada del ritorno.

Alle prime luci dell’alba e dopo avere percorso quella lunga strada della valle dell'Alberone con in spalla la cassetta del tesoro e gli attrezzi da scavo, sta risalendo l’irto sentiero, che da Clenia porta al passo del Klanči#, stanco e sudato.

Appena raggiunta la sommità del sentiero ed in vista, ormai, del paese e della sua casa, si blocca all’improvviso come se una forza misteriosa gli sia d’impedimento nel proseguire.
Nonostante i vari tentativi di riprendere il cammino, il povero oste non riesce più a muoversi.
L’impedimento è così forte che lo fa cadere a terra e quasi svenire.
Una tremenda paura si impossessa dell’uomo che lo induce, quasi istintivamente, a rivolgersi ai Santi e alla Madonna di Castelmonte perchè lo aiutino.
Supplicante fa un voto alla Madonna, promettendo che Le avrebbe costruito una cappella in quel posto se fosse arrivato sano e salvo a casa.

Il malanno, che lo aveva colpito e l’impedimento che lo aveva bloccato, spariscono quasi d’incanto e il povero oste riacquista, così, la capacità di camminare e riprendere la strada di casa.
Arriva a casa prima che gli ospiti si siano alzati, sale con circospezione le scale, apre nel più assoluto silenzio la porta della camera e si infila nel proprio letto.
Al sorgere dei sole si alza ed inizia come se nulla fosse successo, il suo quotidiano lavoro.
L’oste mantiene la promessa, fa costruire la cappella con l’Ancona dedicata alla Madonna, però non sappiamo come finì la storia dei due ex militari di ventura, quale fu la loro sorpresa e lo stupore di fronte al mancato ritrovamento del tesoro e se l’oste pentito avesse restituito il maltolto agli apparentemente legittimi proprietari.
Quanto fosse leggenda il racconto lo lasciamo decidere ai lettori.

Noi riportiamo solo il fatto che la cappella esiste da molti decenni ed è stata sempre utilizzata dalla gente e dai viandanti, che attraversavano il passo, come luogo di sosta e di ristoro fisico.
Negli anni più recenti la cappella è stata meta di passeggiate scolastiche degli studenti che frequentavano il centro studi del capoluogo ed erano ospiti graditi dei collegi comunali maschile e femminile.
Per i bambini ed i ragazzi di Clenia, Correda e di altre località della valle la cappella del Klančič era un punto di riferimento preciso e riparo sicuro dalle intemperie e dalla pioggia visto che quotidianamente erano costretti a percorrere quella strada sia per recarsi a scuola al mattino che frequentare il catechismo nel pomeriggio.
Oggi la cappella, ristrutturata dalla sotto-sezione del C.A.i. delle Valli del Natisone,è curata e gestita diligentemente dai titolari della trattoria Le Querce, struttura ricettiva conosciuta ed apprezzata dai numerosi clienti che la frequentano, provenienti non solo dal Friuli, ma anche dal nord Italia, dalla Slovenia e dalla Mittel Europa.

La trattoria Le Querce

Trattoria alle Querce
Trattoria alle Querce
Anche la costruzione dell’edificio della trattoria Le Querce ha segnato un ulteriore passo verso la modernità dell’ambito del Klančič, voluto con determinazione dagli attuali titolari e proprietari che, per potere realizzare la struttura, hanno dovuto predisporre un piano particolareggiato attuativo, adottato dal consiglio comunale di San Pietro al Natisone ed approvato in via definitiva dall’amministrazione regionale del Friuli Venezia Giulia.

La realizzazione e l’apertura della trattoria ha rappresentato uno dei momenti significativi anche nell’avvio della nuova politica turistico ricettiva e di ristorazione nelle Valli del Natisone con positive ricadute nel rilancio e nella valorizzazione della tipica gastronomia povera della Slavia Friulana che tanto successo ha riscosso con la manifestazione dall”invito a pranzo -Vabilo na kosilo - Einladung zum essen”, promossa da un volonteroso gruppo di ristoratori locali.


Per memoria mi sembra doveroso ricordare che proprio quest’anno ricorre il ventesimo anniversario dell’apertura e dell’inaugurazione della trattoria Le Querce.
Infatti, il 3 settembre 1988, alla presenza delle autorità locali e regionali è aperta ufficialmente la nuova struttura di ristorazione del passo del Klančič di proprietà dei coniugi Aldo Cipriani ed Ediliana Coren, iniziando, così, un nuovo ed interessante capitolo della storia dell’ambito.
Giuseppe Firmino Marinig
tratto da "Clenia ieri e oggi - dicembre 2008
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