Quando siamo diventati ospiti dell'Italia

B.B in DOM n° 18 - 1986 affronta un problema di storia locale: Quando siamo diventati "ospiti" dell'Italia.

A 120 anni dal plebiscito

Correva l'anno 1866.

Regnanti sua maestà imperiale Francesco Giuseppe in Austria, Vittorio Emanuele II in Italia, Napoleone III in Francia e, con l'aiuto di Ottone di Bismark, Guglielmo I in Prussia era iniziata una gran bella campagna militare nel Lombardo-Veneto e su per la Sassonia.

Premesso questo, ricordiamo che il neocostituito regno d'Italia stava per dare inizio alla terza guerra d'indipendenza che, attraverso alcuni nebulosi passaggi a livello diplomatico - quali una strana alleanza dell'Italia con la Prussia - e per mezzo di certe molto avvilienti operazioni militari, dovevano portare all'ampliamento dei confini politici - e fiscali - della monarchia sabauda.

Il governo italiano colse la palla al balzo innestandosi in un conflitto di grande portata sul piano politico che, apparentemente, portava Austria e Prussia a misurarsi sul piano di battaglia: era in ballo la supremazia su tutto il vasto impero germanico sul quale gravavano, minacciose, le tristi influenze di Francia (Alsazia, Baviera), Inghilterra (Hannover), Danimarca ed Austria (Baviera, Sassonia).

In verità si paventava un intervento francese a favore dell'uno o dell'altro de' contendenti, ma, per una qualche strana buona sorte, l'erede di Bonaparte si tenne a prudente distanza operando validamente in favore della pace, od almeno di una pace con un velato profumo francese...

Militarmente parlando l'Italia subì un paio di favolose sconfitte: il 24 giugno a Custoza e il 20 luglio presso l'isola dalmata di Lissa.

Questi erano i risultati dal momento che cia una parte la flotta non era ancora ben amalgamata, composta com'era da elementi borbonici e in subordine papalini, ex granducali, e sardo piemontesi, dall'altra, sul fronte di terra, l'esercito, guidato dai generali Garibaldi, Lamarmora e Cialdini, non diede buona prova di sè, e le uniche avanzate si ebbero durante il breve momento di passaggio delle consegne a funzionari francesi, e quando le truppe austriache erano in ritirata per andare a difendere Vienna dal pericolo prussiano in seguito al disastro subito a Sadowa.

In questo contesto un fatto singolare accadde a San Pietro degli Slavi. Il 27 luglio c'era grande attesa dei sabaudi e in paese sventolavano già le bandiere tricolori, ma, improvvisamente, si sparse la voce che, invece degli italiani, stavano arrivando gli austriaci. In men che non si dica le bandiere scomparvero e tutto tornò come prima...

Dopo tanto fracasso, l'"obbedisco" di Garibaldi dal Trentino e l'armistizio concluso a Cormons il 12 agosto, a Vienna fu firmato un bel trattato di pace tra Italia e Austria il giorno 3 ottobre. Da ricordare che in quell'occasione non fu accolta una proposta precedentemente formulata di annettere la Benecia all'Austria in cambio di una fetta del Goriziano italiano.

Immediatamente dopo, i sabaudi pensarono di soddisfare le brame della pubblica opinione del resto d'Europa organizzando una specie di plebiscito in cui si poteva scegliere tra il sì ed il sì - l'annessione del Friuli era già stata decisa a Vienna - senza contare che avevano facoltà di esprimere il voto solo i maschi adulti. Questi plebisciti erano avvenimenti solenni - il voto si esprimeva pubblicamente - ed erano accompagnati da feste e banchetti (quanto è lontana la spoglia cabina elettorale dei giorni nostri...).

La stampa locale dava il suo buon contributo alla causa.

Il giornale di Udine è calmo, misurato, a volte tiepido e fa le sue morigerate sparate se e quando può. Il foglio da "quotidiano" passa, da martedì 11 settembre, a "ufficiale pegli atti giudiziari ed amministrativi della provincia del Friuli", segno di una certa ufficializzazione del giornale e ci tiene a tutto ciò; è come un buon padre amorevole e sollecito verso i suoi figli, una tragica parodia del buon padre - Imperatore! Figurarsi, colla sua bella rubrichetta dedicata alla imperversante ed impietosa epidemia: "Bollettino del Cholera", per ricordare che ci sono tante vittime del tremendo flagello.

L'11/10 si passa al contrattacco e vien messo in croce uno delle nostre valli: "un certo prete, parroco del distretto di S. Pietro, fa propaganda tra i villici ignoranti per dimostrare che la loro lingua ed i loro interessi li portano verso Lubiana... Del resto sono buoni patriotti quanto noi, e non ascolteranno di certo le suggestioni di quel cattivo parroco".

Si susseguono articoli a piena pagina di questo tenore:

(giov. 8.10)

"Siamo padroni di noi"

(sab. 20.10)

"Ultima parola"

(lun. 21.10)

"Il Veneto"

dalla rubrica "Corriere del mattino"

"PLEBISCITO" con alcuni dati

Ven. 26.10 a pag. 2:

"Il plebiscito in Friuli"

Distretto di S. Pietro: SÌ

S. PIETRO 688

DRENCHIA 313

GRIMACCO 421

RODDA 352

S. LEON. 607

SAVOGNA 404

STREGNA 440

TARCETTA 462

Su un totale di 3687 si ci fu un solo NO, a S. Leonardo.

Il 22 novembre, questo stesso magnifico foglio di carta ci ammannisce un favoloso articolone intitolato "Gli slavi in Italia":

"I Baschi nella Spagna, i Celti nella Granbretagna, i Celti e Tedeschi della Francia, i Francesi e Slavi nella Germania, i Greci, Albanesi, Tedeschi, Francesi e Slavi che sono un piccolo numero in Italia non possono cangiare il carattere rispettivo della nazionalità spagnola, inglese, francese, tedesca, italiana.

Gli stranieri di origine e di lingua non sogliono mai parlare della distinta loro provenienza quando sono nel mezzo di una nazionalità compatta; ma ai confini d'un'altra nazionalità può essere questa che accampi delle pretese, come avvenne della Francia che ci portò via Nizza".

A parte il fatto che Nizza e la Savoia furono cedute da casa Savoia per accordi presi in precedenza, pure il Veneto e il Friuli alla fine della III guerra di indipendenza ebbero una sorte strana: l'Austria li passò alla Francia in amministrazione che, a sua volta, li girò all'Italia, altro che gloriose conquiste sul campo di battaglia!

Parlando di "slavi", il giornalista, bontà sua, nota:

"La provincia d'Udine ne conta poche migliaia, tutti Italiani di cuore, di civiltà e interessi". Anche se poco più sotto cambia tono:

"Non faremo però nessuna violenza; ma adopereremo la lingua e la coltura di una civiltà prevalente quale è l'italiana per italianizzare gli Slavi in Italia, useremo speciali premure per migliorare le loro sorti economiche e sociali, per educarli, per attirarli a questa civiltà italiana che deve brillare ai confini tra quegli stessi che sono piuttosto ospiti nostri".

Poveri "naši te stari" e poveri noi, a dover sentire e subire pure questa: "Questi Slavi bisogna eliminarli ma col benefizio, col progresso e colla civiltà".

Beninteso noialtri koritarji, jamarji e kravarji dopo secoli di amicizia e reciproca lealtà veneziana stavamo aspettando l'opera civilizzatrice di questo borbonizzante pubblicista.

Ci sono tempi nei quali per difendere i confini della nazione si adoperano le armi: ce ne sono altri in cui s'adopera la parola educatrice ed il progresso economico. Ora è il momento di adoperare quest'ultimo mezzo, specialmente in Istria ed in Friuli. Bisogna camminare in file serrate alla conquista dei confini della propria nazionalità. Avrà ragione in questo caso chi sarà più civile, più vigilante, più attivo e saprà associare tutti i mezzi e raggiungere lo scopo. Quali saranno questi mezzi?"

Naturalmente ci si aspettava di essere trattati da amici ed alleati non da pericolosi germi infettivi da eliminare con gli antibiotici ed il DDT, ed in ogni caso tale nobile intento veniva ripreso dal dr. Santi Ucchino nel 1957 (Cfr. Le colonie Slave nel Molise, in l'Universo. Rivista di geografia dell'Istituto geografico militare. Firenze n. 3 (XXX VII) 1957, pag. 490-506 e Dom 16/86) e bisogna dire che ci sono quasi riusciti.

Strano che in 120 anni di italianità nessuno abbia ancora pensato di istituire delle riserve per i Beneciani o trasformato le fatiscenti fornaci di Cemur e dell'Italcementi in forni crematori per gli sloveni in Italia e per i loro amici.

Pensateci su un momentino e poi, col nostro plebiscitario benestare, provvedete come si conviene.

B. B.

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